Che cosa succederà nelle scuole qualora un bambino dovesse avere sintomi che fanno pensare al Covid-19? Molti dei dubbi sulla riapertura dell'anno scolastico ruotano attorno a questo dubbio. E le regioni stanno andando in ordine sparso. Mentre due regioni importanti, Lazio e Veneto, sono all'avanguardia e già si sono attrezzati per dei test rapidi che permettano di non bloccare le lezioni, le altre regioni, compresa la Lombardia, la più popolosa e colpita dal virus, sembrano annaspare nell'emergenza.
Come andranno le cose nel Lazio e nel Veneto? Tutto ruota attorno al cosiddetto test rapido, più semplice (anche se meno efficace) del tampone nasofaringeo. Un strumento che si basa sulla ricerca degli antigeni, le proteine del virus, nelle secrezioni respiratorie. Forniscono un esito (accurato all'85 per cento) nel giro di una mezz'ora, perché non serve che il campione di muco venga esaminato in un laboratorio. Il bambino «sospetto» si reca nell'unità mobile con medici e infermieri, viene testato e questo consentirà di non paralizzare l'attività scolastica in caso di negatività.
Il Lazio ha presentato la sua strategia ieri, per voce dell'assessore regionale alla Sanità Alessio D'Amato: «Dove sarà necessario, nel senso emergessero delle situazioni di positività, utilizzeremo anche le squadre Uscar con i tamponi rapidi per circoscrivere il più possibile eventuali focolai che speriamo non ci siano. Ma parlando di una platea molto ampia dobbiamo essere pronti qualora si verificassero dei casi positivi». D'Amato ha anche spiegato che si sta facendo una massiccia campagna di test sierologici sugli operatori («l'obiettivo è arrivare a 120mila persone») che poi dovrebbe essere estesa anche agli studenti, con test a campione (il che non vuol dire a casaccio). Il Lazio ha aderito alla gara del Veneto (che già aveva annunciato una strategia simile) per acquistare un milione di test rapidi, al prezzo di 4,60 euro a unità. Il test rapido era stato presentato dal governatore veneto Luca Zaia lo scorso 13 luglio.
E la Lombardia? Per il momento non sembra voler seguire la strategia di Lazio e Veneto anche se l'assessore al Welfare Giulio Gallera si aspetta che la regione riceva almeno 60mila test rapidi. Fino ad allora si continuerà a ipotizzare un tampone tradizionale e quindi una chiusura della scuola per almeno due giorni in attesa dell'esito.
Va detto peraltro che il Cts ha molti dubbi su questi test rapidi, sia per aspetti formali (ad esempio la necessità di un consenso da parte dei familiari, che potrebbe allungare i tempi) sia per aspetti sostanziali come la preparazione di chi farebbe il prelievo e la possibile mancanza di igiene. Insomma, il solito far west.
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