Volare basso e fischiettare. La strategia dell'indifferenza non regge. E così ieri mattina Mauro Buschini ha scritto a tutti i consiglieri regionali del Lazio, annunciando la necessità che per fare luce sulla stipendiopoli della Regione «ci sia un altro presidente». Quarantadue anni, una carriera tutta all'ombra del Pd, grande elettore di Zingaretti a Frosinone, Buschini è finito al centro dello scandalo delle assunzioni di uomini del Pd tra la Regione e una serie di Comuni «amici», ma ha anche avuto la forza di un sussulto di dignità, il primo in una storia dai contorni incredibili: all'ombra di una legalità degli atti che al momento non è messa in discussione, si sono distribuiti decine di posti di lavoro pubblici a tempo indeterminato a personale politico prevalentemente del Pd, dai semplici tesserati ai consiglieri comunali.
Dopo giorni in trincea, difesi dall'imbarazzato silenzio rotto solo da voci isolate dei dem, come quella di Matteo Orfini, è spuntata una exit strategy: Buschini rivendica la correttezza del suo operato e annuncia una «commissione trasparenza» presieduta da un consigliere d'opposizione per «affrontare tutti i temi rispetto ai quali ci sia necessità di approfondimento, a partire dalle assunzioni dei dipendenti».
La commissione diventa così un palcoscenico su cui spostare la battaglia politica interna e anche l'occasione per farsi da parte con «un atto d'amore verso questa istituzione». Come da copione, Buschini raccoglie l'apprezzamento della maggioranza per il suo gesto e finalmente anche Nicola Zingaretti interrompe il mutismo sulla questione, anche se solo per «ringraziare Buschini per il gesto di responsabilità» e lodare la scelta di istituire una commissione.
Resta da capire se le dimissioni del presidente siano frutto anche del disagio interno al Pd. Di sicuro la vicenda non è finita. Dopo il clamoroso passo indietro dell'esponente dem, il caso approda in Parlamento. Da Maurizio Gasparri a Fabio Rampelli, si annunciano esposti in Procura sulla stipendiopoli che, partendo dal «concorso dei miracoli» in un paesino di 4mila anime come Allumiere ha portato ad almeno 24 assunzioni tra la Regione e il Comune a guida grillina di Guidonia, più varie altre in una sfilza di Comuni più piccoli. Nell'elenco degli assunti molti uomini legati ai partiti che collaborano con il presidente dimissionario ma anche con i vice presidenti Devid Porrello (M5s) e Giuseppe Cangemi (Lega). A votare la delibera che ha dato il via alle assunzioni in Regione anche la moglie del ministro dei Beni culturali Dario Franceschini, Michela Di Biase contro cui si è scagliato l'ex sindaco di Roma Ignazio Marino. La Di Biase fu tra i dem che lo silurarono e oggi Marino, tornato a fare il medico, rivendica la sua distanza da «Lady Franceschini»: «Va riconosciuta la orgogliosa coerenza di chi, come i membri del Pd, sceglie amici o compagni di partito quando ci sono assunzioni da fare».
La consigliera regionale di Fdi Chiara Colosimo, che aveva denunciato il caso, rende l'onore delle armi a Buschini ma insiste: «Dovrebbero dimettersi tutti i componenti dell'ufficio di presidenza, il sospetto di assunzioni di amici degli amici non è accettabile a fronte di un Paese devastato dalla pandemia e dalle sue ripercussioni economiche».
La vicenda potrebbe dunque avere altri risvolti, considerando anche che il metodo partitocratico che ha portato al «concorso dei miracoli» non pare isolato. La Regione Lazio è piena di eletti Pd in amministrazioni minori messi sotto contratto per lavorare negli staff dei consiglieri regionali di riferimento.
Difficile capire che fine faranno le assunzioni già deliberate. «Vanno tutte annullate -dice il vicepresidente della Camera Fabio Rampelli (Fdi)- altrimenti la commissione trasparenza dell'ultimo minuto è solo una furbata».
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