Il testimone Piercamillo Davigo siede di fronte ai pm di Roma e deve spiegare come andò la storia dei verbali secretati che il sostituto milanese Paolo Storari gli consegnò quando era consigliere del Csm, nell'aprile 2020. Per una volta, è l'ex star del pool Mani pulite ad essere sulla sedia più scomoda. E quei resoconti degli interrogatori di Piero Amara tra dicembre 2019 e gennaio 2020, scottano e sembra che lui li abbia utilizzati come un'arma.
Gli furono consegnati a Milano e non a Palazzo de' Marescialli, per questo la competenza dell'inchiesta potrebbe passare alla procura di Brescia, che indaga sulle toghe milanesi e ha già aperto un fascicolo sulla rivelazione di segreto.
Anche l'interrogatorio di Storari, che è indagato e dovrebbe presentarsi sabato nella Capitale, potrebbe passare nella sede lombarda. Lui fa sapere di essere pronto a chiarire nelle sedi opportune e con le carte alla mano, che cosa l'ha spinto da Davigo e che cosa è successo negli uffici al quarto piano della procura di Milano, dove si è scontrato con il capo Francesco Greco e gli altri del vertice perché non consentivano indagini sulle dichiarazioni del legale esterno dell'Eni sulla presunta loggia «Ungheria», che avrebbe condizionato importanti nomine in magistratura (anche quella dello stesso procuratore capo di Milano Greco, secondo Amara) e non solo.
I verbali sono stati poi diffusi a giornali e consiglieri Csm sembra dalla segretaria di Davigo, Marcella Contrafatto, ora indagata a Roma per calunnia e sospesa dall'organo di autogoverno della magistratura. Dovrà spiegare agli inquirenti anche la provenienza di 4mila euro in contanti, trovati nelle perquisizioni in una busta, con una data di poco antecedente al primo invio dei plichi anonimi.
Ma sulla graticola c'è Davigo, che non ha fatto i passi formali che doveva dopo aver avuto i verbali e pare che li abbia sfruttati per un regolamento di conti interno, per gettare discredito su un ex amico-nemico. Perché dopo avere parlato con Storari e aver letto nei verbali che Amara coinvolgeva nella loggia il suo collega del Csm Sebastiano Ardita, con il quale fondò la corrente Autonomia e Indipendenza ma con il quale aveva rotto i rapporti, ne parlò informalmente con altri membri del Consiglio. Lo conferma il laico del M5s Fulvio Gigliotti: «Sì, a me Davigo disse qualcosa, in termini molto generici. Disse che esistevano queste dichiarazioni in cui si indicava una serie di nominativi, tra cui Ardita». Secondo il Corriere della Sera furono informati anche Giuseppe Cascini di Area e Giuseppe Marra di Autonomia e Indipendenza, che non vogliono fare dichiarazioni «perché ci sono indagini in corso». Una forma di vendetta ai danni di Ardita, che peraltro avrebbe smontato le accuse di fronte ai pm di Perugia?
Mentre il Procuratore generale della Cassazione avvia un'indagine disciplinare che potrebbe colpire Storari (Davigo è in pensione da ottobre) e il Pg di Milano, Francesca Nanni, chiede informazioni al capo della procura Greco sui verbali, a Palazzo de' Marescialli il vicepresidente David Ermini sfiora appena la vicenda, dicendo in plenum che il Csm «sente questa forza e questa voglia di un grande riscatto». Oggi il Consiglio sarà presieduto da Sergio Mattarella e si vedrà se il presidente potrà ignorare la bufera. Anche perché il gruppo di Magistratura indipendente chiede che il Csm valuti se costituirsi come parte lesa nei procedimenti penali a Roma, Perugia e Brescia.
Per Loredana Miccichè, Paola Braggion, Antonio D'Amato e Maria Tiziana Balduini, dopo le «allarmanti dichiarazioni di Nino Di Matteo» e le «inquietanti notizie di stampa», risulta che «il Csm sia stato attaccato nelle sue prerogative istituzionali e che sia necessario fare immediata chiarezza».
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