Un fascicolo, al momento, «senza ipotesi di reato né indagati». Ma è solo il primo step giudiziario in vista di un passo più deciso: cioè indagare per «abbandono di minore» la coppia italiana (di cui la procura di Novara che ha avviato l'inchiesta sta accertando le generalità) responsabile di una vicenda sconcertante e dai profili penali complessi. È raro infatti che marito e moglie adottino all'estero una bimba con tecniche di fecondazione surrogata per poi «ripudiarla» appena nata, abbandonandola dai genitori biologici. Eppure è quanto ha fatto - senza fornire alcuna giustificazione - la coppia piemontese che due anni fa si era recata in Ucraina avviando le procedure per l'adozione di quella che sarebbe diventata la loro figlia grazie alla tecnica dell'«utero in affitto»; tutto all'insegna della legalità e delle garanzie sanitarie. Un progetto di «genitorialità assistita» coronata nel migliore dei modi, con la nascita di una creatura sana e desiderosa solo di amare ed essere amata. Sembra l'inizio di un lungo percorso di gioia. E invece accade qualcosa di incomprensibile, che trasfigura la felicità in dramma: i neogenitori italiani dichiarano di «non volere prendere in consegna la piccina». Sì, usano proprio queste cinque parole, «non voler prendere in consegna». Come se si trattasse di un pacco Amazon arrivato per sbaglio all'indirizzo errato. Ma quella bimba non è un «pacco», è lo scrigno dei sogni nel quale la coppia «rinunciataria» sosteneva di voler custodire i giorni più belli della loro vita, illuminata dallo sbriluccichio di una nuova stellina. Tanto cercata. Tanto agognata. Ma, ora, tanto tradita. Tutto vanificato - crudelmente - da quella frase che sembra il buco nero dell'universo umano: «Non vogliamo prenderla in consegna». La nostra (sì, ci piacerebbe sentirla «nostra) stellina adesso ha 15 mesi ed è stata riportata dall'Ucraina in Italia con una operazione gestita dallo Scip (il Servizio per la cooperazione internazionale di polizia) e il coordinamento della magistratura. Di lei, ma soprattutto dei genitori italiani che si sono rifiutati di «prenderla in consegna», si stanno occupando la procura presso il tribunale per i minorenni di Torino e la procura ordinaria di Novara.
La bimba è stata momentaneamente data in «affido temporaneo» a un'altra famiglia piemontese che ha già inoltrato domanda di adozione. Presso la stessa abitazione c'è ora anche una tata di lingua ucraina in modo che la piccola possa ascoltare parole nell'unico idioma finora conosciuto. Si tratta della stessa donna che si è presa cura in patria della neonata durante i suoi primi 15 mesi di vita, dopo che i genitori «surrogati» gliela avevano affidata successivamente al parto. «Passeremo a riprenderla», avevano detto. Poi, più nulla. Zero comunicazioni.
Al compimento del primo anno di vita della bimba, la tata si è rivolta al consolato italiano per denunciare l'accaduto.
Sul
fronte giuridico il comportamento dei genitori italiani configura il reato di «abbandono di minore» che prevede fino a 5 anni di carcere. Fin qui la legge dei codici; sulla legge del cuore, meglio stendere un velo. Pietoso.
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