In coma per ischemia cerebrale. I risultati dell'autopsia sul corpo di Andrea Purgatori escludono metastasi al cervello. E confermerebbero i dubbi dei familiari sulla diagnosi e le cure sbagliate che il conduttore di Atlantide avrebbe ricevuto dai medici della Casa di Cura Pio XI di Roma. «Quanto emerso finora dagli esami autoptici consolida le nostre tesi, ovvero che Purgatori sarebbe stato colpito da ischemie cerebrali» spiegano i legali della famiglia del giornalista.
Il 6 settembre sono previste nuove perizie, ulteriori step sugli accertamenti avviati dagli esperti nominati dalla Procura per stabilire «se via siano stati atti di negligenza, imprudenza e a chi siano addebitabili». Insomma, se i medici legali di Tor Vergata, pur accertando la presenza di una grossa massa tumorale, un carcinoma di sette centimetri di lunghezza a un polmone, non avessero rilevato neoplasie alla testa ma ischemie, il professor Gianfranco Gualdi e il dottor Claudio Di Biasi della Pio XI, indagati per omicidio colposo, potrebbero andare a processo. La loro diagnosi avrebbe accelerato la morte di Purgatori suggerendo un ciclo di radioterapia ad alto potenziale al cervello. Terapia che avrebbe destabilizzato gravemente il giornalista, aggravando le sue condizioni cardiopolmonari con una grave infezione, una pericardite settica, portandolo l'8 luglio al coma irreversibile, al ricovero al policlinico Umberto I e, il 19 luglio, al decesso.
Un caso ancora aperto. Tanto che si attendono gli approfondimenti legati ai vari prelievi effettuati il 26 luglio in sede autoptica, presenti i consulenti delle parti, dall'anatomopatologo di Tor Vergata professor Luigi Marsella che ha effettuato anche una nuova Tac. Dalla clinica Pio XI tengono a precisare che nella loro struttura il paziente «ha svolto solo accertamenti di diagnostica per immagini e una biopsia». Quanto basta, comunque, per stabilire una terapia, il bombardamento ionizzante, non adeguata se non deleteria in presenza di ischemie. Patologia da prevenire, invece, con farmaci anticoagulanti. L'Istituto di Medicina Legale attenderà, insomma, i risultati di laboratorio per stabilire le cause esatte dell'ispessimento del cervello riscontrato in sede autoptica, se provocato dalla radio, dalla massa tumorale o da altro. L'ipotesi prevalente è quella dell'infezione, forse provocata dalla radio, che avrebbe portato il giornalista de La7 al coma e, 11 giorni dopo, alla morte.
Secondo il procuratore aggiunto Sergio Colaiocco, che coordina l'inchiesta assieme al pm Giorgio Orano, ruota tutto attorno alla presenza o meno di metastasi alla testa o di ischemie, ovvero sulle diagnosi contrastanti rilevate sulle cartelle cliniche sequestrate in 3 cliniche private, Villa Margherita, Pio XI, Humanitas di Rozzano e in un ospedale pubblico, l'Umberto I, dove avviene il decesso. L'odissea di Purgatori comincia il 24 aprile quando si ricovera a Villa Margherita per un controllo. Si sente fortemente debilitato e inappetente. La Tac total body con contrasto e la risonanza magnetica rilevano una macchia di dimensioni importanti a un polmone. Si esegue una biopsia e i risultati vengono trasmessi alla Pio XI per un consulto. I nuovi accertamenti rilevano metastasi diffuse.
Purgatori si sottopone alla terapia d'urgenza. Intanto i dati clinici finiscono anche all'Humanitas di Rozzano. Pure qui parlano di ischemie e non di metastasi. È tardi, le condizioni del giornalista d'inchiesta precipitano, muore.
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