Fatture false, condannati i genitori di Renzi. Tiziano: non mi arrendo

Un anno e 9 mesi in primo grado ai due imprenditori. Il ruolo di mediatore di Lotti

Fatture false, condannati i genitori di Renzi. Tiziano: non mi arrendo

Tra Matteo Renzi e i magistrati di Firenze non è mai corso buon sangue. Ora che babbo Tiziano e mamma Laura, sono stati condannati a 1 anno e 9 mesi (pena sospesa), è guerra aperta. Giorni fa il leader di Italia viva aveva attaccato la procura di Firenze sull'ipotesi che Silvio Berlusconi fosse responsabile pure delle stragi mafiose o dell'attentato a Maurizio Costanzo. «Significa fare un pessimo servizio alla credibilità delle Istituzioni italiane», aveva detto.

Ieri il tribunale di Firenze, dando ragione a quella stessa procura, ha condannato i suoi genitori per due fatture false. Il giudice Fabio Gugliotta ha accolto quasi tutte le richieste del pm Christine Von Borries, ai danni dei genitori dell'ex premier Renzi (non presenti in aula), e dell'amico immobiliarista pugliese Luigi Dagostino, condannato a due anni di reclusione anche per truffa aggravata. I coniugi Renzi sono stati anche interdetti per sei mesi da incarichi direttivi nelle imprese e per un anno dai pubblici uffici e dai rapporti economici con la Pubblica amministrazione.

Tiziano Renzi, apprendendo della condanna dal suo legale Federico Bagattini, il quale annuncia ricorso in appello, ha commentato: «Ho il dovere di credere nella giustizia italiana, oggi più che mai. E continuo a farlo anche se con grande amarezza. Almeno è stato appurato che non c'è un neanche un centesimo di evasione: passerò i prossimi anni nei tribunali ma dimostrerò la totale innocenza».

Le fatture incriminate sono quella da 20mila euro della società Party srl (unica fattura emessa dalla Party nel 2015) e quella da 140mila della Eventi 6 srl del luglio 2015, emesse alla Tramor, di cui Dagostino era amministratore delegato, che si occupava della gestione dell'outlet The Mall di Leccio di Reggello (Firenze). Dagostino avrebbe incaricato la Eventi 6 dei coniugi Renzi, di consulenze per un'attività di ristorazione e per potenziare il flusso di turisti, in particolare orientali, verso l'outlet del lusso del Valdarno. L'altra fattura da 20mila euro era della Party srl, amministrata da Laura Bovoli, società fondata da Tiziano Renzi (con il 40% delle quote) e dalla Nikila Invest srl, amministrata da Ilaria Niccolai (60%), compagna di Dagostino.

Dagostino, rilasciando dichiarazioni spontanee, ha ammesso di essere rimasto perplesso circa l'importo di quelle fatture, che evidentemente riteneva troppo alte, ma di aver «subito la sudditanza psicologica» per il fatto che «i coniugi Renzi erano i genitori del presidente del Consiglio» e quindi «ho ritenuto di non contestarle».

Secondo l'accusa quelle fatture sarebbero false in quanto non corrisponderebbero a prestazioni realmente effettuate. Erano solo un modo per ottenere soldi da Dagostino a favore di società sull'orlo del fallimento. Per il fallimento di tre cooperative, nel marzo scorso i genitori di Renzi erano già finiti agli arresti domiciliari.

Durante la sua requisitoria, durata un'ora e mezza, il pm von Borries ha anche tirato in ballo l'onnipresente Luca Lotti, che ha già le sue gatte da pelare con il caso Consip, sull'incontro del 17 giugno 2015 a Palazzo Chigi, fra lo stesso Lotti, il magistrato pugliese Antonio Savasta (che indagava su Dagostino per un giro di presunte fatture false) e l'avvocato Ruggiero Sfrecola, incontro richiesto

da Dagostino a Tiziano Renzi. L'incontro, ha evidenziato il pm, si tenne lo stesso giorno in cui venne poi saldata la fattura da 20mila euro. «Non c'entra assolutamente nulla: è una coincidenza temporale», dice il legale.

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