Ferragni, pensati indagata: truffa aggravata sul pandoro

Fascicolo in Procura a Milano: avrebbe raggirato gli utenti dai social. Rischia fino a 5 anni. Lei glissa: "Sono serena"

Ferragni, pensati indagata: truffa aggravata sul pandoro
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È presto per dire se l'astro dei social precipiterà ancora, cioè perderà altri follower nel suo impero reputazionale e mediatico. Se Chiara Ferragni un anno fa si preparava per Sanremo, di cui avrebbe solcato il palco nella veste di co-conduttrice, allo stato la sua fama non potrebbe essere più ammaccata. Da ieri l'imprenditrice digitale è stata iscritta nel registro degli indagati per il cosiddetto «pandoro gate», il caso dei dolciumi rosa Balocco, venduti a quasi il triplo del prezzo in nome di una presunta beneficenza. Con lei è indagata anche Alessandra Balocco, presidente e amministratrice delegata dell'azienda di Fossano, nel Cuneese, dopo essere succeduta al fratello Alberto, morto prematuramente.

Truffa aggravata dalla minorata difesa: è questa l'ipotesi di reato - punito da 1 a 5 anni di reclusione - nelle indagini della procura di Milano, dopo quindici giorni dall'esposto del Codacons e di Assourt a cui è seguita l'annotazione della Guardia di Finanza da poco consegnata all'aggiunto Eugenio Fusco. Un reato aggravato in base al quale i magistrati possono procedere d'ufficio, quindi senza la querela da parte dei singolo consumatore che acquistò il pandoro, più la prova dello scontrino. «Sono serena perché ho sempre agito in buona fede e sono certa che ciò emergerà dalle indagini in corso. Ho piena fiducia nell'attività della magistratura e con i miei legali mi sono messa subito a disposizione per collaborare e chiarire ogni dettaglio di quanto accaduto nel più breve tempo possibile. Sono, invece, profondamente turbata - le parole di Ferragni, difesa dagli avvocati Marcello Bana e Giuseppe Iannaccone - per la strumentalizzazione che una parte dei media sta realizzando, anche diffondendo notizie oggettivamente non rispondenti al vero». Sarebbe il fatto stesso di avere agito tramite i social, per di più a partire da un profilo influente come quello della Ferragni, a creare di per sé le condizioni di «minorata difesa» del consumatore-follower: e infatti si ipotizza lo stesso tipo di reato di quando si prenota online una casa per le vacanze, ma una volta arrivati sul posto, nulla di quanto visto su internet corrisponde alla realtà. Per di più lei ha agito sul suo «terreno di gioco», i social: e la sua immagine «cristallina» potrebbe essere stata utilizzata proprio per indurre ancora più in errore i consumatori, convinti che acquistando il pandoro da lei sponsorizzato, avrebbero contribuito alla beneficenza per il Regina Margherita di Torino.

Al centro dell'inchiesta (ieri le prime acquisizioni nella ditta dolciaria di Fossano da parte delle Fiamme gialle) c'è in primis lo scambio di email tra il team Ferragni e lo staff della Balocco prima della stesura del contratto, per valutare se vi sia stata la volontà di una parte, o di entrambe, di raggirare scientemente il consumatore. Scambio contenuto, naturalmente solo in parte, nel provvedimento dell'Antitrust da cui si evince che è il team Ferragni a insistere per inserire nel comunicato stampa la donazione come «legata alle vendite del prodotto», mentre Balocco vorrebbe puntare su una frase più generica. E infatti ci riesce, in virtù del contratto siglato tra la ditta e la Fenice che dà a quest'ultima società, riferibile a Ferragni, la decisione vincolante e prevalente.

La lente dei magistrati riguarda tutta la comunicazione della campagna natalizia del Pink Christmas: cioè la pagina sul sito della Balocco, il comunicato stampa e soprattutto i post e le stories in cui l'imprenditrice digitale invita i suoi follower all'acquisto del pandoro con lo spolvero color pastello.

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