«Dopo la baruffa, lasciamo che la polvere si depositi a terra». Dentro Forza Italia cercano di calare un velo su quel che è successo il giorno prima al Senato. I malcontenti non sono sfumati, le divisioni pure, ma è forte la consapevolezza che il centrodestra non può fallire alla prova-governo.
Il segnale di unità Silvio Berlusconi lo dà in mattinata con l'indicazione di votare con gli alleati il leghista Lorenzo Fontana alla presidenza della Camera, diversamente da quanto è successo al Senato con Ignazio La Russa.
Però nel frattempo esplode l'incidente degli appunti del Cavaliere, su carta intestata «Villa San Martino» (Arcore), letti di straforo dai giornalisti nella cartellina che giovedì era sul banco del Senato. Con giudizi pesantemente critici verso Meloni: «Un comportamento 1. supponente 2. prepotente 3. arrogante 4. offensivo». C'è anche «ridicolo», poi cancellato. E sotto: «Nessuna disponibilità al cambiamento. È una con cui non si può andare d'accordo». È il pensiero del Cav? Le lamentele dei suoi? Certo, Giorgia non la prende bene e in serata risponde per le rime: «Mi pare che tra le cose scritte da Berlusconi manchi una cosa: non sono ricattabile». Su cui Crosetto chiosa: «Quando qualcuno non ha null'altro da difendere se non la propria dignità, è più forte di chiunque altro». Silenzio azzurro. Solo un atteggiamento attendista. Come a dire: aspettiamo, tra qualche giorno arriverà la richiesta di fiducia in Parlamento e vedremo.
Qualche ora prima La Russa, col quale il Cav ha avuto un diverbio sotto i riflettori, dice che non c'è stata «nessuna parola ingiuriosa di Berlusconi verso di me», ma sugli appunti sottolinea: «Credo che il presidente dovrebbe dichiarare quello di cui io sono quasi certo, che quella foto è fake. Però deve dichiararlo lui non lo posso dire io». Si attira così le critiche del dem Andrea Orlando. «Se inizia a dire ai suoi (e non uno qualunque) cosa devono fare che farà con quelli dell'opposizione (compresi quelli che l'hanno votato)?».
È la fine di una giornata in cui si è cercato di ricucire lo strappo tra il Cav e Meloni. Di Fontana il leader di Fi raccontava: «L'ho conosciuto nelle mie trasferte in Europa, è una brava persona, che stimo». E poi raccomandava di riprendere il dialogo con gli alleati, Meloni in particolare, trattando senza provocare strappi, ma avvertendo che «lei non può fare tutto da sola». Il leader azzurro vuole contenere le ire sue e degli altri per i veti della premier in pectore, in testa la fedelissima Licia Ronzulli.
«Congratulazioni e buon lavoro a Fontana, nuovo Presidente della Camera dei deputati. Il Centrodestra ha dato dimostrazione di grande compattezza. Non tradiremo la fiducia degli italiani. Avanti!», twitta distensivo il coordinatore azzurro Antonio Tajani. Ma Fi non accetta una rappresentanza minore rispetto alla Lega, avendo avuto più o meno gli stessi voti. A Villa Grande, il Cavaliere discute con Tajani su come correggere il tiro nel confronto con Giorgia. Ma niente gesti di rottura. «Escludo al 3000% che noi non sosteniamo il governo Meloni, qui c'è un Paese di salvare, non scherziamo», dice a Un Giorno da Pecora (Rai Radio1) Maurizio Gasparri. Circola l'ipotesi che Fi salga da sola al Quirinale per le consultazioni, anche se Giorgio Mulè assicura: «Per quanto mi risulta non c'è niente del genere sul tavolo e non l'abbiamo mai discussa. Berlusconi ha posto un problema legato alla dignità politica non alle poltrone». Anche Lorenzo Cesa dell'Udc spiega: «Il clima è molto diverso rispetto a giovedì. Il centrodestra si è ricompattato dopo lo scivolone in Senato, determinato non da Berlusconi, ma da pressioni all'interno di Fi».
Riuscirà il week end a far decantare le tensioni? Martedì si eleggeranno i capigruppp in Parlamento e poi
si muoverà il Colle. «Il governo si decide il giorno prima del giuramento, inutile fare previsioni. Meloni saprà come gestire i rapporti qualitativi e quantitativi con Berlusconi e Salvini», assicura Francesco Paolo Sisto.
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