Due mesi e mezzo dopo le prime notizie sui test, oggi è il giorno di Immuni. L'applicazione per cellulari che notifica agli utenti l'«esposizione al contatto», cioè il fatto di aver incontrato nei giorni precedenti una persona positiva al coronavirus, è da ieri sera scaricabile dagli store Apple e Google (e a breve Huawei), accompagnata da un sito (immuni.italia.it) che ne spiega il funzionamento, e può essere installata sui telefonini di tutti gli italiani che desiderano utilizzarla e contribuire al tracciamento del contagio. Non tutti potranno attivarla subito: dall'8 giugno, l'app funzionerà solo per i cittadini delle 4 Regioni - Liguria, Marche, Abruzzo e Puglia - che partecipano alla sperimentazione. Per il rilascio nazionale si dovrà attendere ancora qualche giorno: il viceministro della Salute Pierpaolo Sileri chiarisce che questo avverrà «dalla prossima settimana o quella successiva».
Altra limitazione riguarda il sistema operativo degli smartphone: i modelli più vecchi, che non supportano gli ultimi aggiornamenti (per Apple serve iOS versione 13.5 o superiore, per Android versione 6 Marshmallow e Google Play Services 20.18.13) non potranno scaricarla.
Le tempistiche del lancio dell'app, inizialmente previsto dalla ministra per l'Innovazione Paola Pisano per fine maggio, sono rimaste incerte fino all'ultimo. La situazione si è sbloccata nel tardo pomeriggio di ieri anche grazie al via libera del Garante per la privacy, che ha definito «proporzionato» il trattamento dei dati personali. Tuttavia l'Autorità guidata da Antonello Soro ha suggerito alcuni miglioramenti da apportare nel periodo di test, «così da garantire che nella fase di attuazione ogni criticità sia risolta». Secondo il Garante è importante che gli utenti - che possono essere anche minorenni, dai 14 anni in su - comprendano a pieno cosa significa ricevere una notifica di allerta: devono essere informati sul calcolo che sta alla base della valutazione del pericolo e sapere che il sistema «potrebbe generare notifiche che non sempre riflettono un'effettiva condizione di rischio», mentre spetterà al governo mitigare i «rischi derivanti dai falsi positivi». L'utente, auspica ancora l'Autorità, dovrà poter disattivare l'app in modo intuitivo dalla schermata principale ed essere sicuro che i propri dati resteranno sempre anonimi e utilizzati solo a fini statistico-epidemiologici. Se verranno raccolti da soggetti non autorizzati, questo «può determinare un trattamento di dati illecito anche sotto il profilo penale».
La giornata di ieri era partita con un incidente. In mattinata era circolata una finta mail a nome della Federazione ordini dei farmacisti italiani che invitava a cliccare su un sito fasullo, che imitava appunto quello della Fofi, per scaricare Immuni. In realtà il file era un virus di tipo ransomware, chiamato «FuckUnicorn», che in poco tempo cifrava i file presenti sul sistema operativo della vittima, rendendoli inaccessibili al proprietario e chiedendo infine il classico riscatto di 300 euro in bitcoin per «liberarli».
Lanciata Immuni, resta il nodo di come il tracciamento dei contatti si inserirà nel quadro più ampio delle strategie di contenimento dell'epidemia, tra cui l'accesso ai tamponi. Sileri spiega che nella procedura di rintraccio dei positivi e dei contatti stretti avrà un «ruolo essenziale» il medico competente.
Altra incognita sta nel numero di persone che vorranno scaricare l'app: Sileri si aspetta che la installeranno «in molti», mentre la collega all'Innovazione nelle scorse settimane aveva fissato l'asticella al «25-30%» della popolazione, contro l'obiettivo del 60% indicato dagli esperti.
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