Ha vinto lo sport. Evviva, visto che l'Olimpiade è il simbolo dello sport, il suo sinonimo nell'immaginario comune. Dopo Sochi, sul Mar Nero, nel 2014, PyeongChang, Corea del Sud, nel 2018 e Pechino, che ci attende nel 2022, dopo insomma tre edizioni consecutive di Giochi invernali in Paesi che come cultura e ambiente di invernale avevano poco, finalmente gli sport della neve e del ghiaccio torneranno ad assegnare medaglie sulle Alpi, vent'anni dopo Torino 2006. Ancora Italia dunque nel 2026, un'Italia che ieri ha celebrato una grande vittoria sportiva, campo in cui ci si può vantare di essere un'eccellenza a livello mondiale, perché sembra davvero che in nome dello sport siamo ancora un Paese unito e solidale, una grande squadra. E lo saremo fra sette anni, quando fra Milano e Cortina passando per la Valtellina e la Val di Fiemme, con una puntatina anche in Alto Adige, si assegneranno le medaglie che cambiano la vita. Per evitare la costruzione di nuovi impianti e le conseguenti spese faraoniche, i siti delle gare saranno sparsi per buona parte del Nord Est, con distanze notevoli per quel poveretto che vorrà provare a seguire tutto in prima persona. Si perde l'originario spirito olimpico, quello che in passato rendeva questo evento una vera e propria festa di sport, con la possibilità per atleti di discipline e Paesi diversi di incontrarsi e conoscersi. Più che un'Olimpiade dunque quella del 2026 sarà un insieme di gare olimpiche in contemporanea per le varie discipline invernali, con una novità assoluta e cioè la divisione uomini-donne dello sci alpino, gli uni a Bormio, le altre a Cortina. Sci nordico, biathlon, snowboard, freestyle, bob, slittino, skeleton e tutti gli sport del ghiaccio proporranno invece sedi uniche per i due sessi. Le sedi appunto: di prim'ordine, con garanzia di piste, neve, condizioni meteo, esperienza e capacità organizzative collaudate in anni e anni di eventi come la coppa del mondo o i campionati del mondo. E non sottovalutiamo la cordialità nostrana, soprattutto l'elasticità della nostra cultura che in eventi importanti, blindati e controllati come l'Olimpiade facilita il lavoro di tutti, dagli atleti ai tecnici ai tifosi. Con la certezza che fra sette anni anche i volontari si saranno evoluti nel parlare le lingue, inglese su tutte. Nel 2026 si tornerà a gareggiare davanti a un pubblico appassionato e competente, cosa che per gli sport della neve e in particolare per lo sci alpino non è successa né a Sochi 2014, né a PyeongChang 2018 né, temiamo, succederà a Pechino 2022, visto che Russia, Corea del Sud e Cina non hanno atleti di livello. Si gareggerà di nuovo fra montagne vere, con neve giusta e condizioni meteo umane, non il freddo polare o il vento assurdo che lo scorso mese di febbraio in Svezia alterò non poco le gare mondiali di sci alpino e biathlon. Bene. Ora che Coni e Cio hanno fatto al meglio il loro lavoro, toccherà all'Italia, unita, sfruttare al meglio questa vittoria.
Magari mettendo lo sport praticato un po' più in alto nelle priorità della vita di tutti i giorni, per puntare a un posto nel medagliere degno di un Paese che ospiterà i Giochi invernali per la terza volta, contro le zero della sconfitta Svezia.
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