"Mente spudoratamente chi ha parlato di assalto alla cassa. Giurano di aver sventato una manovra che non è mai esistita, se non nella loro fantasia". Gianfranco Fini si vendica. E va all'attacco dei vecchi "amici" con un'intervista a Repubblica. Gli brucia ancora l'esito dell'assemblea dei soci della fondazione Alleanza Nazionale in cui ha vinto Fratelli d’Italia. "Esultano come gli ubriachi per una congiura costruita nelle loro teste", tuona l’ex leader di An.
"Io non sono il Gran Burattinaio, non sono l’Uomo Nero - piagnucola Fini - i giovani quarantenni che hanno animato con la loro proposta l’assemblea non sono dei burattini ed è offensivo pensarli così". Il problema è che, per quanto gli elettori lo abbiamo estromesso dalla politica, Fini non se ne è ancora fatta una ragione. Non ha ancora accettato di essersi ritirato. E così, nonostante il tradimento, lo scandalo dell'appartamento di Montecarlo e il flop di Futuro e libertà, medita un ritorno. "Che io ci sia - dice a Repubblica - è noto a tutti e per qualcuno è un dispiacere. Cerco ostinatamente di tenere vivo il dibattito, di inserire qualche virus, qualche idea". Il suo obiettivo, almeno così dice, è costruire "una destra di governo che non sia subalterna, come lo è stata sovente, al berlusconismo, e nemmeno alla Lega di Salvini".
Fini ce l'ha con Giorgia Meloni e i suoi uomini. "Milioni di italiani votavano An - accusa - e oggi non votano Fratelli d’Italia, che ne ha ottenuto il simbolo".
E affonda: "C’è una bella differenza tra l’amor di patria e la difesa delle tradizioni nazionali, che erano nel Dna di An, e il neonazionalismo egoista alla ricerca perenne di nemici: l’euro, la dittatura di Bruxelles, gli immigrati invasori. Quando An indicò la Meloni come vicepresidente della Camera e poi ministro, lei non la pensava così".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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