Per il ritorno a scuola dal 26 aprile la parola chiave è flessibilità. Impossibile evitare il deja vu rispetto agli ostacoli che si frappongono a una riapertura delle scuole al 100% in piena sicurezza. La scappatoia resta sempre quella delle regole nel rispetto dell'autonomia scolastica. Si dice «tutti a scuola anche alle superiori» ma c'è sempre un ma e così, come hanno chiesto le Regioni e come è inevitabile accada, laddove non sarà possibile garantire il rispetto delle misure di sicurezza si lascerà parte degli studenti a casa con la didattica a distanza. Se possibile si andrà a regime con il 100 per cento in classe altrimenti si scenderà progressivamente fino al 50 per cento. Restano da sciogliere i due nodi cruciali posti dai governatori: il potenziamento del trasporto pubblico e il tamponamento degli studenti.
Quindi dal 26 aprile fino alla fine dell'anno scolastico il decreto del governo conferma lezioni a regime in presenza al 100 per cento per infanzia, primaria e medie. Anche in zona rossa. A meno che ci sia un rischio «estremamente elevato di diffusione del virus» o si registri la presenza di focolai ad alto rischio. Ma eventuali decisioni sullo stop alle lezioni non potranno essere prese dai presidenti di Regione in modo autonomo e diretto, ma soltanto dopo aver sentito le competenti autorità sanitarie. Insomma ci vorrà il via libera del ministero della Salute per tornare alla Dad. Per le superiori il governo chiede alle Regioni di garantire l'attività didattica in presenza almeno al 50% e fino al 75 per cento al massimo in zona rossa. Mentre nelle zone gialle e arancioni si sale da un minimo del 60 per cento degli studenti in presenza fino al 100 per cento. Si dovrà comunque garantire l'attività dei laboratori in presenza e anche l'inclusione degli alunni con bisogni educativi speciali o disabili. Il governo vuole che si torni alla didattica in presenza anche all'università: prioritariamente nelle zone gialle e arancioni.
Nelle zone rosse invece almeno per le matricole si devono mantenere in presenza le attività formative in classi «con un ridotto numero di studenti». Si chiede di mantenere aperti laboratori e biblioteche e sale di lettura e di svolgere gli esami in presenza. Sempre, però, «salvo diversa valutazione delle università».
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