Gettare i corpi delle vittime nelle fenditure carsiche che venivano usate come discariche aveva un significato ben preciso: umiliare l’avversario fino alla fine, in una sorta di rituale del terrore. Lo stesso che costrinse migliaia di famiglie italiane ad abbandonare la propria terra. Oggi di foibe e di esodo si parla anche a Bruxelles. La presidente del Parlamento Ue, Roberta Metsola, non esita a descrivere quei massacri come un "dramma europeo". Usa le parole dell’ex presidente, Giorgio Napolitano. "I massacri delle foibe e l'esodo istriano-dalmata nacquero da ‘un movimento di odio e furia sanguinaria’", ha scritto in un messaggio inviato ai membri dello European Remembrance Group, gruppo trasversale di eurodeputati appartenenti a diverse famiglie politiche, che su iniziativa del parlamentare di Fdi-Ecr, Carlo Fidanza, ha organizzato un dibattito per ricordare le stragi compiute dai partigiani jugoslavi.
Metsola ricorda Norma Cossetto, la studentessa italiana originaria del villaggio istriano di Santa Domenica di Visinada, gettata nella foiba di Villa Surani dopo essere stata ripetutamente stuprata e torturata. "Il suo assassinio – osserva la presidente del Parlamento Ue - è stato emblematico degli orrori delle Foibe". Orrori che, sottolinea Metsola, non dovranno ripetersi "mai più". È su queste due parole che, afferma, è stato costruito il progetto europeo: una "risposta agli orrori dei regimi totalitari" per "riunire i paesi democratici nella speranza di un futuro migliore". "Il progetto nasceva dall'audace ideale che dalla tragedia si potesse estrarre la forza. Che dalle ceneri della nostra storia comune, potevamo forgiare un destino comune. Un destino in cui i valori di pace, equità, apertura e cooperazione potessero essere instillati in tutti noi", insiste la presidente del Parlamento Ue.
L’esempio è quello del presidente Mattarella, mano nella mano con l’omologo sloveno, Borut Pahor, a Basovizza: ricordare il "doloroso passato comune, con la convinzione di guardare insieme a un futuro di pace". Una pacificazione che a volte, però, sembra ancora lontana. Nei giorni scorsi ha fatto discutere l’iniziativa dell’Anpi andata in scena a Gorizia per sottolineare la responsabilità condivisa dei crimini di quegli anni, mentre ieri ad Udine è stata abbattuta l’insegna segnaletica del piazzale dedicato proprio alla studentessa istriana massacrata dai partigiani titini, che sarà inaugurato il prossimo 11 febbraio.
Per Carla Cace, presidente dell’Associazione Giuliano Dalmata, la più antica delle associazioni di esuli, è necessario per questo"vigilare e diffondere questa storia e questa cultura, per non rischiare di passare dal negazionismo al giustificazionismo". La vicenda delle foibe, insiste, "va inserita nel contesto storico dei genocidi del XX secolo, dei crimini dei totalitarismi". L’attivista condanna il silenzio su una storia finora negata troppo spesso "per convenienze geopolitiche". Il risultato, evidenzia Cace, figlia di esuli della Dalmazia, è che nel 2022 è ancora soltanto uno studente su cinque a sapere cosa successe sul confine orientale alla fine della Seconda Guerra Mondiale. "Per questo – spiega – è importante continuare a parlare ai giovani e per costruire una memoria collettiva".
Un altro discendente di esuli, Antonio Ballarin, dell’Associazione Dalmati Italiani nel mondo, racconta l’esperienza di migliaia di famiglie "polverizzate" che hanno dovuto subire abbandono, discriminazioni ed espropriazione delle proprietà. Un vero e proprio "genocidio culturale", denuncia. Oggi, chiede di "costruire un futuro" in cui la storia dei protagonisti dell’esodo giuliano-dalmata "possa andare in profondità all'interno della società italiana".
Occorre rimboccarsi le maniche, sottolinea, "per un recupero identitario tra le due sponde dell'Adriatico, tra la gente che è andata via a causa dell'esilio e quelle poche persone che sono rimaste e che formano la minoranza italiana in Slovenia e Croazia".
Anche Fidanza sottolinea la necessità di una "costante azione di tutela reciproca delle rispettive minoranze, del loro patrimonio linguistico e culturale", da parte di Italia, Slovenia e Croazia. "Questo – aggiunge – deve avvenire in un clima di concordia, sostenuto dalla solenne promessa che simili tragedie non dovranno accadere mai più".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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