Il fratello di Saman conferma l'accusa: "A strangolarla è stato lo zio Danish"

Ieri l'incidente probatorio che ha cristallizzato la deposizione del testimone-chiave. Il 16enne nascosto in una località segreta

La testimonianza-chiave del fratello 16enne di Saman è stata confermata durante l'incidente probatorio di ieri disposto dal tribunale di Reggio Emilia. Poche parole, ma senza esitazione: «A uccidere mia sorella è stato zio Danish». «Zio Danish», il duro della famiglia Abbas, l'islamico «tutto d'un pezzo» a cui i genitori della 18enne pakistana avevano chiesto aiuto per «rimettere sulla retta via» quella ragazza che «non si comportava più da brava musulmana»; una «retta via» che invece ha portato la povera Saman sul sentiero della morte. Strangolata dallo zio, a coronamento di una congiura di famiglia puntellata da crudeli tranelli. Come il messaggio inviato dalla madre di Saman alla figlia per convincerla a rientrare a casa dalla comunità dove lo scorso autunno aveva trovato rifugio: «Torna da noi, non ci resta molto da vivere. Faremo come vuoi tu...». Ma era solo un inganno per poter compiere la vendetta progettata tra le mura del loro cascinale di campagna. Saman si fida. Riabbraccia le persone che si illude possano amarla. E che al contrario la odiano. Quando chiede - invano - la restituzione dei documenti capisce che nulla è cambiato. Anzi, la situazione precipita. Saman lo comprende da uno stralcio di conversazione dove la madre dà l'assenso all'«estrema punizione». La «colpa»? Non accettare il matrimonio combinato con un cugino che non aveva mai visto. Quando Saman comprende che ormai la sua vita è in pericolo, avverte il fidanzato (pure lui minacciato dal padre di Saman): «Voglio uccidermi. Se non mi senti nelle prossime 24 ore, avverti i carabinieri». Ma ormai è troppo tardi, tra il 30 aprile e il primo maggio la ragazza viene uccisa e seppellita chissà dove. Un video incastra lo zio Danish che, con la complicità di due nipoti (uno dei quali in carcere a Reggio Emilia, l'unico della banda ad essere stato individuato in Francia ed estradato in Italia) si allontana tra i campi armato di pala. Forse per sotterrare i resti della nipote, il cui cadavere però dopo oltre un mese e mezzo di ricerche tra le serre di Novellara non è ancora stato ritrovato. Per omicidio premeditato sono indagati i genitori di Saman (fuggiti in Pakistan), lo zio e un altro cugino, latitanti all'estero. Il fratello 16enne di Saman, dopo aver tentato di fuggire dalla comunità che lo ospitava, è stato intanto portato in un luogo segreto. Bisogna proteggerlo. Forse ha ricevuto minacce da qualche membro della famiglia, ed è terrorizzato. Ma non tanto da ritrattare la sua iniziale deposizione con cui fin da subito ha accusato del delitto lo zio, svelando lo scenario in cui è maturato il delitto della sorella. «L'Islam non c'entra nulla con la pratica maschilista e retrograda dei matrimoni combinati imposti alle giovani donne», sostiene l'Unione delle Comunità Islamiche in Italia.

Una serie di episodi di cronaca nera dimostrano invece il contrario: dal dramma di Hina Saleem, la ragazza pakistana uccisa dai parenti l'11 agosto 2006 come punizione per «non volersi adeguare agli usi tradizionali della cultura d'origine», alla tragedia di Sana Cheema, la 25enne pakistana sgozzata ad aprile 2018 nella terra d'origine dal padre e dal fratello perché «innamorata di un ragazzo italiano che voleva sposare». L'ultima della lista è ora Saman. Eliminate sempre con la stessa motivazione: «Non si comportavano da brave musulmane». L'Islam c'entra, eccome.

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