«Il Paese ha bisogno di unità e di entusiasmo». Chiude così Emmanuel Macron la sua prima intervista tv dopo le elezioni politiche e le dimissioni del premier Gabriel Attal. L'esecutivo è tuttora in carica solo per gli affari correnti, alle prese con i Giochi che partono venerdì. Urgeva dunque capire che intenzioni avesse: dare o meno un governo alla Francia? No, Macron ha rispedito la palla ai partiti, bocciando quel Nuovo fronte popolare della gauche che da giorni rivendica l'incarico del primo ministro. «Non hanno la maggioranza», taglia corto Macron, prendendo a pretesto il recentissimo voto per la presidenza dell'Assemblea nazionale, in cui le sinistre hanno proposto un loro candidato, fatto fuori da voti che hanno confermato la macroniana (ma ormai autonoma come molti della compagine presidenziale) Yael Braun-Pivet.
Il capo dello Stato chiarisce di non avere alcuna intenzione di nominare un nuovo premier o un nuovo governo prima «di metà agosto». Inevitabile la reazione del tribuno della gauche, Mélenchon: «Il presidente rifiuta il risultato delle elezioni, si deve dimettere». Effettivamente il capo dello Stato è andato giù duro soprattutto contro la sinistra, riconoscendo invece ampio credito al detestato Rassemblement national lepenista: «Hanno avuto 11 milioni di voti, dobbiamo capirlo e rispettarlo, sono loro il primo partito». Al giornalista che gli fa notare che nonostante il risultato sono stati messi fuori dai ruoli che contano in Assemblée, il capo dello Stato ha criticato i suoi. «C'è la separazione dei poteri, non ho voce in capitolo in Assemblée, ma sinceramente non penso che sia stata una buona cosa (averli tenuti ai margini, ndr), io combatto le idee del Rn ma un deputato eletto ha tutta la legittimità di questo mondo e credo che debbano essere rappresentati nei posti chiave». Una bomba lanciata contro la sua stessa maggioranza che da settimane viaggia seguendo un vento più personale (quello di Attal) che non quello soffiato dall'Eliseo. Ieri era attesissima soprattutto la presa di posizione sul nuovo premier. Prima dell'intervista, i partiti della gauche si erano messi d'accordo su un nome comune per Matignon designando la 37enne Lucie Castets, molto vicina alla sindaca socialista di Parigi Anne Hidalgo. Proposta rispedita al mittente dal presidente. Che però, subissato dalle domande sulla crisi da lui stesso provocata, ha detto che tocca ai partiti uscirne, e che lui si limita a indicare la via: una grande coalizione che riesca a mettersi d'accordo sul alcuni temi, escludendo un nuovo scioglimento tra un anno. «Hanno 5 anni di mandato, la responsabilità dei partiti ora è di guardare a tradizioni di altri Stati d'Europa, uscire dalle loro convinzioni e fare compromessi, mettersi d'accordo insieme e dire votiamo delle leggi, il budget e andiamo avanti». Macron ha detto d'aver scelto il voto anticipato perché «l'Assemblée non corrispondeva più alla società». Nessun mea culpa, ma prevenzione del rischio di mozioni di censura. La candidata del Fronte popolare Castets aveva poco prima promesso di voler portare avanti «l'abrogazione della riforma delle pensioni», con una larga maggioranza «testo per testo». Ma per ora tutto resta com'è.
A parte che per la prima volta Macron ha ammesso «la sconfitta» del suo campo: «La maggioranza uscente ha perso le elezioni, lo riconosco ma nessuno ha vinto». Ora, dice, il Parlamento prenda esempio dallo spirito olimpico: abbiamo organizzato i Giochi con una sindaca socialista, un presidente di regione neogollista e un governo di centro.
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