Il Pd si nutre del "sangue" dei 5S. Cosa è successo davvero al voto

Il Pd è riuscito nell'impresa di agguantare un pareggio, soprattutto grazie all'emorragia di voti del M5S

Il Pd si nutre del "sangue" dei 5S. Cosa è successo davvero al voto

Il Pd è riuscito nell'impresa di agguantare un pareggio che, fino alla vigilia del voto, era considerato molto improbabile anche dentro il Nazareno. A fare la differenza sono state indubbiamente le vittorie di Eugenio Giani in Toscana e di Michele Emiliano in Puglia.

Se, infatti, la rielezione di Vincenzo De Luca era data per scontata, quella del centrosinistra toscano era data in dubbio, mentre la Puglia sembrava nelle mani del centrodestra. Tre risultati che contribuiscono a rendere l'Italia, e soprattutto il Centro-Sud, un Paese ancora tinto di rosso, nonostante le sconfitte subite dal Pd negli ultimi anni. Se nel 2013 i democratici guidati da Pier Luigi Bersani ottennero una "vittoria mutilata" che consentì lorp di esprimere ben 3 presidenti del Consiglio (Letta, Renzi e Gentiloni), nel 2018 arrivò il flop targato Matteo Renzi. Il Pd alle elezioni Politiche di 2 anni fa prese il 18% dei voti e, sebbene sembrava chiaro il messaggio che gli italiani avevano dato con il loro voto, grazie al voltafaccia del M5S tornò al governo nell'agosto del 2019. I grillini, fino a quel momento, con il governo gialloverde, avevano ottenuto il reddito di cittadinanza, la riforma della legge Fornero, la modifica del job act, il taglio dei vitalizi e la legge spazzacorrotti. Insomma, i grillini, con i voti dei leghisti riuscivano sempre a far passare i loro cavalli di battaglia tanto che Salvini votò sempre persino la riforma del taglio dei parlamentari, mentre il Pd si accodò solo all'ultima votazione. Con il governo giallorosso, invece, il M5S ha ridato al Pd quel potere e quelle poltrone che gli italiani, nel segreto dell'urna, avevano voluto togliere. Pian piano,i grillini, come nota Franco Bechis sul Tempo, hanno regalato posizioni e voti preziosi per i democratici che hanno ripreso a respirare anche per merito del fortunato "Mazinga".

Il segretario del Pd, Nicola Zingaretti, continua la sua striscia positiva nonostante uno scarso carisma. Se nel 2018 era riuscito a riconfermarsi come presidente della Regione Lazio grazie a quel 3% che l'allora sindaco di Amatrice tolse al candidato del centrodestra Stefano Parisi, oggi ottiene un pareggio che gli consente di tenere ben salda la leadership del partito. Il voto di ieri, infatti, allontana le ambizioni di Stefano Bonaccini e, come spiega Alberto Di Majo sul Tempo, manda in soffitta il piano di disturbo che Matteo Renzi aveva prefigurato con la nascita di Italia Viva. In Puglia, la candidatura del sottosegretario agli Affari Esteri, Ivan Scalfarotto, non ha prodotto l'esito sperato: far perdere Michele Emiliano. Anzi, il governatore uscente ha vinto anche senza il sostegno del M5S. Unica sconfitta: le Marche, Regione storicamente rossa che passa al centrodestra proprio a causa del mancato accordo tra grillini e democratici. "Dai dati emerge che se ci avessero dato retta di più i nostri alleati, l’alleanza di governo probabilmente avrebbe vinto quasi tutte le regioni italiane. L’unità non un problema né un rischio ma una opportunità", ha dichiarato Zingaretti ad urne chiuse.

"Siamo molto soddisfatti perché si conferma che la linea politica del Pd, governare bene e unire le forze, è l’unica, vera, seria e praticabile linea politica utile per vincere le elezioni", ha concluso il segretario Dem.

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