Italia Viva saluta la maggioranza giallorossa. Il partito di Matteo Renzi compie un altro passo verso l'addio al governo Conte. Una fonte Iv rivela al Giornale: «Renzi ha deciso, uscirà dalla maggioranza. Non c'è spazio per una trattativa. Il peso politico nel governo è inesistente. I ministeri chiave (Interno, Esteri, Economia, Difesa) sono tutti in mano a Pd e Cinque stelle. Per Renzi non ha più senso restare in maggioranza. Meglio accomodarsi all'opposizione e provare a risalire nei sondaggi. Il leader di Iv è convinto che Conte bluffa sui Servizi e non cederà mai la delega». Ed infatti rispunta nel documento sul Recovery Plan la fondazione per la cybersicurezza. «A questo punto è evidente che vuole rompere», dicono i renziani. I destini sembrano segnati: Conte proverà a trovare in Parlamento i voti dei responsabili per andare avanti, Renzi collocherà Iv all'opposizione della coalizione Pd-Cinque stelle. Ma l'operazione «responsabili» a Palazzo Madama non decolla: ieri senza l'appoggio dei 17 senatori di Iv (uno assente giustificato) Conte sarebbe andato a casa. Il pallottoliere dei responsabili segna che ce ne sono 6 di meno, che si sono già sfilati: 3 del gruppo Cambiamo di Giovanni Toti e 3 dell'Udc.
I renziani portano a termine l'affondo finale contro l'esecutivo. Prima Renzi nell'intervento in Senato sulla legge di bilancio, poi le osservazioni al Recovery fund consegnate al ministro dell'Economia Roberto Gualtieri dalla delegazione Iv: un uno due micidiale che pone fine alla luna di miele tra Iv e Conte. Il documento consegnato nelle mani di Gualtieri è una mozione di sfiducia: «Sui contenuti non ci siamo, ci separa un abisso, abbiamo mandato 30 pagine, loro una bozza di Recovery plan modificata dopo la conferenza stampa di Renzi», commentano fonti Iv dopo le oltre tre ore di confronto con Gualtieri.
Un documento che apre un solco invalicabile tra renziani e premier. A Palazzo Madama, in occasione del voto di fiducia sulla manovra, Renzi alza il tiro. L'ex premier fa capire che sarà l'ultimo voto a favore dell'esecutivo: «Diciamo sì anche oggi ma assegniamo al governo la responsabilità di dire che fa da grande. Non saremo mai complici del più grande spreco di denaro della storia repubblicana sul Recovery fund. La palla tocca al governo perché noi abbiamo solo detto la verità». E sul concetto di verità chiama in causa Aldo Moro: «È sempre illuminante. Ci aiuta ad essere coraggiosi». Da Renzi arriva un ultimatum, che Conte, nella conferenza stampa di fine anno, rimanda al mittente. Ma dai banchi di Italia Viva, l'ex rottamatore affonda il coltello contro l'inquilino di Palazzo Chigi: «Se affermiamo il principio che una forza politica non può chiedere conto di come si spendono i soldi perché altrimenti si disturba il manovratore, trasformiamo il Parlamento in un luogo di schiacciatasti». Infine l'affondo sul Recovery Plan: «Questa finestra temporale che si apre non è casuale, per 30 anni non c'è stata, nessuno ha potuto spendere questi soldi, nessuno. Eravamo bloccati dal patto di stabilità. La finestra temporale è ora o mai più, perché poi le porte dell'Europa si chiuderanno».
L'attacco di Renzi in Senato è solo l'antipasto dell'affondo vero contro il governo che arriva nel pomeriggio, quando Iv consegna al ministro Gualtieri il documento con le osservazioni al Recovery: un atto di sfiducia politico contro Conte. «Non possiamo accettare un documento senza una visione», scrivono i renziani. «Il Recovery è chiaramente un collage di testi diversi. In molti passaggi attacca Iv - si criticano le politiche del passato. Questo modo di procedere getta una pessima luce sulla capacità di fare squadra».
Iv sostiene inoltre che «è una presa in giro parlare di una ampia consultazione». I renziani non arretrano su Mes, infrastrutture, giustizia, Pubblica amministrazione, 5G, no alla fondazione cybersecurity che, tolta dalla manovra, rispunta nascosta nel Recovery. Lo strappo è ormai insanabile.
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