Per il G20 esulta solo Mosca. E Lula "grazia" l'amico Putin

La Russia non viene citata nel comunicato congiunto. Il Brasile invita lo Zar per il 2024: "Qui non lo arrestiamo"

Per il G20 esulta solo Mosca. E Lula "grazia" l'amico Putin
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Con il passaggio delle consegne dal premier indiano Narendra Modi al presidente del Brasile Lula Da Silva, si è concluso ieri il G20 a Nuova Delhi con un Vladimir Putin assente ma raggiante. In primis perché nel comunicato congiunto la Russia che ha invaso l'Ucraina non viene neanche citata. Inoltre perché, dal 1° dicembre, la presidenza del G20 andrà al Brasile che ospiterà a Rio il prossimo vertice. Una grande notizia per Putin che sa di avere in Lula il migliore dei partner, sia commerciale sia diplomatico. Oltre ai fertilizzanti, il Brasile di Lula ha infatti importato più petrolio russo che in tutti gli ultimi 12 anni messi assieme. Il flusso di oro nero di Mosca verso Brasilia nei primi 5 mesi di quest'anno è stato superiore del 48,7% rispetto al totale importato tra il 2010 e il 2022. Non bastasse, a metà luglio una nave battente bandiera vietnamita, la Orión, è arrivata a Cuba per la prima volta partendo dal porto di Paraguaná, in Brasile. Numeri record e nuove rotte che evidenziano l'attivismo del Paese nel fare triangolazioni per aggirare le sanzioni di Ue e Usa verso Mosca.

Ma la gioia del presidente russo è anche e soprattutto diplomatica. In un'intervista al canale indiano First Post, andata in onda sabato sera, Lula ha infatti affermato che Putin non sarebbe mai arrestato se venisse a Rio de Janeiro al prossimo vertice del G20. Secondo Lula, le altre nazioni mancherebbero di rispetto al Brasile se accadesse e quello del presidente verde-oro è stato a tutti gli effetti un invito. «Ci piace trattare bene le persone e Putin può facilmente venire in Brasile. Posso dirvi che se sono io il presidente del Brasile e lui viene a Rio non c'è motivo di arrestarlo», ha dichiarato.

Peccato che a marzo la Corte Penale Internazionale (Cpi) abbia emesso un mandato di arresto contro Putin (e Maria Alekseyevna Lvova-Belova, commissaria per i diritti dei bambini presso l'ufficio presidenziale russo) per crimini di guerra, nello specifico per la deportazione di centinaia di bambini dalle aree occupate dell'Ucraina a Mosca. Da allora Putin ha smesso di partecipare ai vertici internazionali per il rischio di essere arrestato. La decisione della Cpi si basa sullo Statuto di Roma, che il Brasile ha firmato e ratificato e che è entrato in vigore il 1° luglio 2002. Secondo l'articolo 87 di questo trattato internazionale che ha istituito la Corte Penale Internazionale, il paese che si rifiuta di cooperare può essere convocato in un'assemblea interna alla presenza degli altri 122 membri o addirittura di fronte al Consiglio di Sicurezza dell'Onu.

Se Putin dovesse accettare l'invito di Lula, in base all'articolo 87 dello Statuto di Roma il Brasile potrebbe venire sanzionato ma, la cosa, evidentemente non preoccupa il presidente sudamericano.

Il problema è che «la macchina della propaganda russa nel Brasile di Lula è oramai senza freni e sta funzionando a tutto vapore», spiega a Il Giornale Diogo Mainardi, autorevole giornalista politico verde-oro. Del resto basta leggere le castronerie diffuse ieri da un altro giornalista brasiliano, che lavora per Cgtn, il canale del Dipartimento di Propaganda del Partito Comunista Cinese che sta inondando di soldi quasi tutti i media verde-oro e di radio Sputnik: «Lula violerebbe il diritto internazionale se minacciasse di arrestare Putin poiché la Russia non è membro della Corte penale internazionale». Una balla colossale replicata da altri media qui.

Del resto, che la propaganda russa qui funzionasse bene ce ne eravamo già accorti il 17 aprile quando Sergei Lavrov fu invitato a tenere una master class nella scuola di formazione diplomatica nell'Istituto Rio Branco di Brasilia, «informando» le feluche verdeoro che «l'informazione dell'Europa sull'Ucraina è la stessa usata dal ministro della Propaganda nazista Goebbels». Il tutto senza essere né smentito da Lula, né criticato dai media locali. E ieri proprio Lavrov ha esultato a chiusura del summit: Lavrov: «È stato un successo, abbiamo impedito che fosse ucrainizzato».

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