Giorgia: "Noi criminalizzati". Fdi si sente braccato dai pm. Ma arrivano i primi dissensi

Dopo la batosta di Roma, aumentano gli scricchiolii attorno alla linea tenuta da Fratelli d'Italia in questi mesi. Giorgia Meloni non è in discussione. Il leader ha ammesso la sconfitta ma ha fatto dei distinguo

Giorgia: "Noi criminalizzati". Fdi si sente braccato dai pm. Ma arrivano i primi dissensi

Dopo la batosta di Roma, aumentano gli scricchiolii attorno alla linea tenuta da Fratelli d'Italia in questi mesi. Giorgia Meloni non è in discussione. Il leader ha ammesso la sconfitta ma ha fatto dei distinguo: «Non è una débâcle». Tra le motivazioni, pure la «criminalizzazione dell'opposizione» che ha attaccato «un mostro che non esiste». Il centrodestra, dice la Meloni, «deve rielaborare un progetto». Con lo spauracchio «braccio armato della sinistra» ventilato da Crosetto alla Verità, ossia «la magistratura»: «Magari terranno qualcuno sotto scacco per 8-10 anni e poi chiederanno scusa, dopo avergli distrutto la vita e dopo aver danneggiato un partito». Il timore, negli ambienti di Fdi, è che arrivino inchieste a pioggia per azzoppare il partito.

Sul tavolo di Fdi, però, ci sono almeno tre questioni. Il primo punto riguarda l'attacco della sinistra sul rapporto con il fascismo. L'idea è organizzare un evento per chiarire: chiunque venisse sorpreso, anche solo in maniera goliardica, a simpatizzare per nostalgismi vari, verrà buttato fuori. Non sarà un'altra «Fiuggi», ma qualcosa d'internazionale. L'istanza parte dall'europarlamentare Nicola Procaccini e Giorgia Meloni la condivide. Nel simbolo resterebbe la fiamma, che non è in discussione. Se Crosetto, ex Fdi, dice al Giornale che la fiamma è un problema che andrebbe posto per evitare armi agli avversari, l'onorevole Bignami pensa che qualunque cambiamento debba passare per l'elaborazione e non per una richiesta proveniente da sinistra. Per ora la fiamma rimane in sospeso. L'atteggiamento maggioritario è chiaro: restare così. Perché Fdi cresce e questo a qualcuno basta. Ma da qui ad avere ambizioni governative o maggioritarie ce ne passa: il risultato di Michetti è un esempio sin troppo ingombrante. Ma ha perso anche Zaccheo, ex An, a Latina.

Un altro focus delicato riguarda l'atteggiamento sul green pass. Sempre Procaccini non ci gira intorno: «C'è una grande differenza tra il green pass per assistere ad una partita di calcio e quello che serve per poter lavorare. Su quest'ultimo siamo assolutamente contrari, senza ripensamenti o spaccature interne». Sì, ma i No green pass sono una minoranza e cavalcando istanze minoritarie si finisce con il rappresentare percentuali basse del Belpaese: lo dicono tanti intellettuali d'area. Un ragionamento è in corso, dato che «i nostri sono tutti vaccinati da mesi», come dice un alto quadro dirigente del Nord Italia.

Il terzo nodo è quello dirimente: cosa fare del «Partito dei patrioti»? Le Amministrative di Roma, che è la città simbolo di Fdi, hanno raccontato soprattutto due storie: l'ascesa dei candidati moderati Quarzo e Barbato e l'affermazione di Rachele Mussolini. Su quest'ultima circola qualche brusio: «Non è un mistero che non sia la nostra punta di diamante», dice un dirigente romano. Un altro incalza: «La portano avanti solo per il cognome».

I moderati sgomitano sul piano locale e su quello nazionale. Forse c'entra pure una sorta di contesa generazionale. Luciano Ciocchetti usa un'espressione chiave: «Dare rappresentanza».

A chi? Alle anime non originarie di Fdi, ai cristiano-liberali, agli ex forzisti, agli ex Udc e così via. Viene sfoderata una formula: «Campo largo dei conservatori». Può essere la soluzione di questo rebus: un predellino dei conservatori che sposti l'asse verso il centro. Perché il modello destra-centro è in crisi.

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