L'apprezzamento per il Governo Meloni negli Usa supera i confini della Casa Bianca - il rapporto tra il presidente Joe Biden e la premier italiana è solido, come confermato dal recente G7 di Hiroshima - e si fa largo al di là del colonnato neoclassico di Capitol Hill. E non solo tra i banchi dei Repubblicani, con i quali l'affinità è naturale, in virtù della comune appartenenza alla famiglia dei Conservatori, ma anche - e questo è assai meno scontato - tra le fila dei Democratici. «Diciamolo, c'erano, almeno agli occhi della stampa americana, aspettative molto basse. Ma vi posso dire, dopo avere parlato con il nostro ambasciatore in Italia e l'ambasciatore presso il Vaticano e dopo le nostre discussioni con gli italiani, che sta superando tutte le aspettative». A parlare è Jimmy Panetta, deputato democratico al Congresso, figlio di Leon Panetta, pezzo da novanta dei Dem, capo della staff della Casa Bianca con Bill Clinton e direttore della Cia e capo del Pentagono con Barack Obama. Panetta jr era membro della delegazione parlamentare bipartisan, guidata dallo speaker repubblicano della Camera, Kevin McCarthy, che è stata recentemente in visita a Roma, dove ha incontrato il presidente Mattarella e la premier Meloni. Ed è così che su una terrazza di Washington, dove il Giornale lo ha incontrato, che spiega ad alcuni dei membri dell'«Italian-American Caucus», il gruppo bipartisan dei congressmen di origine italiana, le sue impressioni sulla presidente del Consiglio. L'apprezzamento non si limita alle posizioni assunte dal governo a favore dell'Ucraina - «L'Italia è un campione» - o per le prossime decisioni sull'uscita dal Memorandum con Pechino per la Via della Seta - «Non è una questione di se, ma di come - spiega Panetta - ma si estende alla stessa politica interna del governo di centrodestra. A cominciare dall'immigrazione, «è una sfida, con i continui arrivi da Libia e Tunisia», alle «riforme che molti pensavano non avrebbe fatto», e che invece «servono all'Italia». E Panetta cita alcuni dei cantieri aperti dal governo, dalla pubblica amministrazione, alla giustizia, dalla scuola, al Sud. Insomma, un'apertura di credito notevole, da parte dell'erede di una delle famiglie Dem più influenti della politica Usa, a dispetto del «rapporto privilegiato» che il Pd ha sempre rivendicato nei confronti del partito di Biden. Il buon momento dell'Italia negli Stati Uniti è del resto confermato dalla recente visita del ministro delle Imprese Adolfo Urso, uscito soddisfatto dagli incontri avuti a Washington con la segretaria al Commercio Gina Raimondo e con gli investitori ai quali ha presentato il nascente Fondo Strategico per il Made in Italy. La prossima settimana è invece in arrivo il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani. Nella capitale Usa il capo della Farnesina ha in programma un faccia a faccia col segretario di Stato Antony Blinken e una visita al Fondo Monetario Internazionale. In entrambe le occasioni, Tajani solleverà il tema dello sblocco degli aiuti dell'Fmi a Tunisi, necessari per scongiurare il collasso economico del Paese, con le conseguenti ricadute sull'Italia in termini di ondate migratorie.
A seguire, sempre a giugno, è anche prevista una visita del ministro della Difesa, Guido Crosetto. Infine, sarà la volta della premier Meloni, che potrebbe incontrare Biden alla Casa Bianca a luglio, non appena le complicate agende dei due leader troveranno un punto di incastro.
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