Il decreto presidenziale è stato firmato da Vladimir Putin nella giornata di lunedì. Consente a cittadini stranieri (e apolidi), sopratutti giovani, di ottenere la residenza in Russia senza condizioni e senza nemmeno conoscere la lingua e la storia del Paese. Basta condividere «i tradizionali valori russi in campo morale e spirituale». La norma si propone di fornire «supporto umanitario» a chi non condivide «l'agenda ideologica neoliberale e distruttiva» propria di molti Paesi dell'Occidente. Secondo le cronache il provvedimento è stato adottato dopo la proposta, avanzata in un forum pubblico a Mosca da una ragazza italiana, Irene Cecchini, studente in una università della città.
Fin qui la notizia. Poi ci sono le domande e le curiosità. Di quali valori parla Putin? Di quelli rappresentati da chi ha deciso di privare un Paese intero del diritto di parola? Di chi ha condannato a sette anni di carcere una giovane di San Pietroburgo perchè incollava bigliettini con frasi pacifiste ai prezzi di un supermercato? Di chi ha fatto morire in un carcere il proprio principale oppositore? Con la guerra in Ucraina la Russia ha fatto il salto di qualità: da Stato autoritario a dittatura personale di stampo orientale. L'esilio di buona parte della classe intellettuale ne è testimonianza.
Condannando la società aperta «neo-liberale» e i suoi valori, Putin non può
cambiare la realtà. La Russia di oggi è la morte del pensiero e della dignità umana. Sembra difficile che di fronte alle sue ambasciate e ai suoi consolati si formino file di giovani interessati a trasferirsi da quelle parti.
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