Giravolte e due miliardi in più. Tante tasse e niente rigore

Tra dietrofront, compromessi e correzioni, la manovra tradisce molte promesse e preoccupa l'Unione europea

Giravolte e due miliardi in più. Tante tasse e niente rigore

Compromessi di maggioranza e micromisure hanno fatto lievitare una legge di Bilancio che già partiva male - manovra da 30 miliardi e un deficit oltre i limiti consentiti da Bruxelles - di altri due miliardi di euro. Un aumento dovuto soprattutto alle limature decise dopo il primo vertice di maggioranza sul tema. Quando Italia viva di Matteo Renzi chiese l'eliminazione di plastic tax e stretta sulle auto aziendali.

La soluzione di compromesso è la sopravvivenza delle due tasse, con delle limitazioni. Principalmente il rinvio dell'entrata in vigore a luglio (a ottobre la sugar tax) e ritocchi ad aliquote e platea. Risultato, un taglio delle entrate attese: dal miliardo previsto a 140 milioni per la plastic tax. Dai 333 milioni ad appena un milione per le auto aziendali. Poi le micromisure introdotte nel passaggio in commissione e le altre modifiche.

Il risultato è una legge di Bilancio molto diversa da quella varata il 15 ottobre e, ancora di più, da quella immaginata dal ministro dell'Economia Roberto Gualteri. Una manovra senza un anima, un colore politico. Anche perché l'iter è stato puntellato da una quantità di ripensamenti e riscritture notevole anche per la tradizione italiana di sessioni di bilancio particolarmente creative.

Le stesse ecotasse erano ben più pesanti all'inizio. Il decreto ambiente prevedeva un taglio lineare a tutti i benefici fiscali dannosi per l'ambiente. Compreso il riscaldamento. Già il consiglio dei ministri ridusse la stangata.

Poi è stata la volta dell'Iva. Nelle bozze c'erano aumenti selettivi dell'imposta e non la cancellazione delle clausole di salvaguardia per 23 miliardi. La firma era quella del ministro Gualtieri. Ma l'opposizione di Renzi e Luigi Di Maio fece saltare il rincaro. L'alleanza anomala Iv e M5s ha fatto anche saltare la stretta sulle agevolazioni, sulla flat tax e sulle partite Iva a regime forfettario.

Se si allarga l'orizzonte al decreto fiscale, il governo a ballato sul tetto al contante, limitato a mille euro dagli attuali 3.000. Ora è a 2.000, con la promessa di una riduzione a 1.000 nel 2022. Limature anche sul carcere per gli evasori.

Ricette cambiate in corsa su investimenti e concessioni (la novità è la Robin Tax al 3,5%).

Tentativi di riforma fermati sul welfare (Quota 100 e cuneo fiscale) e sulle autonomie.

Doppia inversione a U sulla cedolare secca a favore delle locazioni di immobili commerciali. La sperimentazione del 2019 è stata prima non rinnovata. Poi reintrodotta e infine tagliata fuori dal maxiemendamento. Risultato: la tassazione agevolata per rivitalizzare i centri storici e permettere agli esercenti di competere con i centri commerciali resterà confinata al 2019.

In tutto una ventina di ripensamenti, che hanno fatto lievitare la manovra. Sicuramente non nella direzione dello sviluppo, visto il ritorno degli aumenti di tasse. Non di svolta, considerato che a partire dal 2021 si riproporrà il problema degli aumenti dell'Iva e delle accise. Ma nemmeno di rigore, visto che restiamo sotto i riflettori poco benevoli dell'Unione europea.

È di ieri la notizia che la Commissione Ue ha lanciato una nuova «indagine approfondita»

sugli squilibri macro-economici di alcuni paesi. All'Italia si imputa l'alto livello del debito pubblico e la bassa crescita della produttività. Vecchi problemi che la legge di Bilancio 2020, da 32 miliardi, non risolverà.

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