Una raffica di fendenti ravvicinati. Durata forse una manciata di secondi. È stata colpita, con ogni probabilità, alle spalle, Giulia Tramontano, la sera in cui è stata uccisa dal compagno Alessandro Impagnatiello, a maggio dell'anno scorso. Alcune coltellate sono state superficiali, altre hanno reciso i tessuti nel profondo, provocando un'emorragia che le è stata fatale.
È stato il turno dei medici legali ieri nel processo davanti alla corte d'Assise di Milano sull'omicidio della 29enne uccisa mentre aspettava il suo bambino, Thiago, di cui era incinta al settimo mese. I testimoni hanno descritto nel dettaglio ciò che è accaduto alla ragazza e anche al piccolo che portava in grembo. Sono state mostrate in aula le immagini del corpo della donna, ritrovato alcuni giorni dopo il delitto in un anfratto pieno di sterpaglie a poche centinaia di metri dalla sua abitazione di Senago, nell'hinterland di Milano. Il pubblico, giornalisti compresi, per volontà dei familiari della vittima, è stato fatto uscire durante la proiezione.
L'omicidio risale alla sera del 27 maggio scorso. Giulia era da poco tornata a casa, furiosa, per parlare con Impagnatiello, dopo avere scoperto che aveva una relazione parallela con un'altra donna. «Fatti trovare», aveva scritto la vittima al compagno via sms. Ad attenderla c'era il barista che - secondo gli inquirenti - aveva premeditato di ucciderla già diversi mesi prima. E infatti per farlo, come è emerso dalle indagini, le avrebbe somministrato del bromadiolone, un veleno per topi, di cui le analisi hanno rilevato un «picco» nel mese precedente al delitto. Giulia, lo ha spiegato chiaramente il medico legale incaricato di effettuare l'autopsia, Andrea Gentilomo, non si è difesa in alcun modo. Forse perché è stata colpita alle spalle, forse perché non è riuscita nemmeno a urlare una sola volta visto che un fendente le ha reciso la gola.
Il medico ha spiegato che la morte è da ricondurre a un «processo emorragico derivante da lesioni vascolari, in particolare arterie e la vena succlavia». Dalle valutazioni del medico ci sarebbero due coltelli compatibili con le ferite. Alla prossima udienza verrà chiarito su quale dei due è stato trovato il dna della ragazza. I fendenti, secondo gli esperti, sono stati 37. Di questi 24 sul distretto cervicale, gli altri sul torace superiore e dorsale. Gentilomo quindi ritiene che sia stata «uccisa da dietro». Sulla parte anteriore del corpo non ci sono segni, infatti, neanche sul pancione, e anche le due lesioni sul viso sarebbero «compatibili» con questa ricostruzione. Sulla morte del piccolo ha testimoniato il medico Nicola Galante spiegando che è stata «successiva alla morte della madre, ed è stata determinata da insufficienza vascolare utero placentare, provocata dall'emorragia materna». Più tardi l'anatomopatologo Ezio Fulcheri ha sottolineato che dall'esame dei campioni di «parete uterina» non sono state trovate «né lesioni vascolari, né segni di contrazioni, e nessun segno di travaglio in atto». Si torna in aula la prossima settimana.
«Nulla ci restituirà Giulia, abbiamo gridato a voce alta, lo faremo ancora
affinché sia fatta giustizia per lei e Thiago», ha scritto sui social Franco Tramontano, il papà. «Continueremo a lottare ogni singolo istante della nostra vita», si è sfogato su Instagram il fratello della vittima, Mario.
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