«Dopo l'esito del processo di Avetrana celebrato nei confronti di Sabrina Misseri e della sua anziana madre Cosima, ho sentito assai forte la tentazione di abbandonare tutto ciò che fino a quel momento aveva costituito, con l'Università, la ragione della mia vita». È un Franco Coppi durissimo a vergare queste parole nell'introduzione del libro Il delitto di Avetrana (Rino Casazza, Algama editore) in uscita in questi giorni. Al telefono con Il Giornale il legale che in passato ha difeso tra gli altri Silvio Berlusconi e Giulio Andreotti rincara la dose. «La successione ininterrotta di errori, pregiudizi, falsità e di incomprensibili sentenze di condanna avevano generato uno sconforto, uno smarrimento e quasi la paura dell'inutilità e della vanità dell'opera della difesa, mai prima provati tanto intensi e così forti da spingermi all'abbandono».
Queste sono parole sue, le conferma?
«Guardi, ho vinto processi che pensavo di perdere e viceversa. Sono così convinto dell'innocenza di queste due malcapitate che questo processo mi colpisce così dolorosamente per le pressioni mediatiche che hanno portato a una sentenza ingiusta, che non coglie la verità. È vero, la voglia di mandare tutto a quel Paese è stata molto forte».
Eppure, ai più la condanna sembra scritta nel granito. Chiederà la revisione?
«Revisione? Per chiederla è necessario che ci siano nuovi fatti. Se qui non si fa avanti nessuno ad ammettere di aver detto il falso non è possibile. Abbiamo fatto ricorso alla Corte europea, ma è un discorso diverso dalla revisione».
Avetrana è stato un processo mediatico, lo sappiamo. Contro le storture c'è la riforma firmata dall'ex Guardasigilli Cartabia, no?
«Mah, ho molte perplessità. Dopo più di 50 anni passati nei tribunali vedo con preoccupazione il futuro dell'avvocatura, che mi sembra molto sacrificato rispetto ai diritti della difesa in Appello e in Cassazione. Non credo possa contare su contributi significativi alle storture della giustizia, anche perché sono così tante e tali che non si può pensare di risolverli con questo tipo di provvedimento».
Che cosa andrebbe riformato, secondo Lei?
«Per esempio, servirebbe la riforma dell'udienza preliminare ma non un semplice gioco di parole. Bisogna prendere atto che l'istituto è fallito. Bisogna pensare a come sostituirlo, anziché ritoccarlo».
Cosa ne pensa del Guardasigilli Carlo Nordio?
«È un magistrato di grandissima esperienza, so che affronterà il tema della giustizia con cognizione di causa. Posso solo augurargli buon lavoro».
Il prossimo 13 dicembre il Parlamento deciderà i 10 membri laici del Csm. Mai come questa volta il suo peso sarà decisivo per riscrivere le regole del funzionamento della giustizia.
«Il ruolo del Csm è certamente delicatissimo ma io sono convinto che tutto dipenda dalle persone: c'è da sperare che vengano scelte persone che siano in grado di assolvere al loro compito. Credo poco ai pronunciamenti astratti, voglio vederli all'opera».
La magistratura ha gli anticorpi per chiudere
i conti con il passato? Penso al caso Palamara, ai casi Davigo-Storari eccetera«Se penso a tutta una serie di magistrati che ho conosciuto sono ottimista, se penso a un'altra serie di magistrati sono pessimista».
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