Lotta agli abusi, impegno per la pace e appoggio al piano dell'Italia, fine vita e contributo per il lavoro. Il nuovo presidente della Cei, il cardinale Matteo Zuppi parla a tutto campo e racconta a il Giornale le sfide che la Chiesa italiana dovrà affrontare nei prossimi mesi.
Cardinale Zuppi, partiamo dalla questione degli abusi su minori: quale sarà la priorità adesso per la Conferenza Episcopale Italiana?
«La chiarezza. E la giustizia, avere insomma dei meccanismi che diano sicurezza alle vittime. Ci sia davvero giustizia! Anzitutto ascoltando e facendo propria la sofferenza e prevenendo. L'altra grande priorità. Ma anche continuando a essere ciò che siamo: un luogo dove ci vogliamo bene e dove voler bene non deve significare per forza qualcosa di ambiguo o legato agli abusi».
Un occhio di riguardo ovviamente deve andare alle vittime
«È la nostra priorità e la nostra preoccupazione! Il pensiero è sempre per loro e per la loro sofferenza. Ce la metteremo tutta per presentare entro il 18 novembre un report nazionale riguardante le segnalazioni arrivate alle diocesi negli ultimi due anni, dati che saranno analizzati da un centro accademico di ricerca. E poi siamo grati anche alla Congregazione per la Dottrina della Fede che nel rispetto della riservatezza ci apre i suoi archivi per analizzare i casi avvenuti in Italia dal 2000 al 2021. L'analisi sarà condotta in collaborazione con degli istituti di ricerca indipendenti. Vogliamo capire il fenomeno e affrontarlo seriamente».
Cos'altro farà la Cei contro gli abusi?
«Vogliamo promuovere ambienti sicuri, a misura dei più piccoli e dei più vulnerabili. Potenziare la rete dei referenti diocesani su questo tema, implementare la costituzione di centri d'ascolto per accogliere e ascoltare chi vuole segnalare abusi recenti o passati».
Toccando il tema della pace in Ucraina, c'è un piano dell'Italia. Quale sarà il ruolo della Chiesa se ci sarà una vostra disponibilità a dare un contributo?
«La disponibilità c'è, lo ha detto il Papa, lo ha confermato il Segretario di Stato, la Chiesa farà di tutto per aiutare la pace. Se c'è un piano italiano lo appoggeremo sicuramente. La Chiesa cercherà di arrivare quanto prima alla pace, il tempo non è secondario con la gente che muore e che soffre. La Chiesa cercherà di fare tutto ciò che può. Quando si cerca il dialogo va sempre bene. Spero che non si continui a ragionare solo nella logica delle armi».
In Italia però la Chiesa sembra essere sempre meno ascoltata, come deve parlare oggi alla gente?
«Deve parlare com'è! Perché a volte parliamo un po' come non siamo. La Chiesa è una madre, e dovrebbe parlare e soprattutto ascoltare come una madre. E aggiungo: qualche volta dovrebbe stare anche un po' zitta!»
Una delle grandi preoccupazioni in Italia è per il lavoro. Cosa può fare la Chiesa?
«Dare un contributo alla sicurezza, all'ambiente, una delle tante preoccupazioni che l'enciclica di Papa Francesco Laudato Sì ha messo in evidenza e poi la garanzia del lavoro. C'è troppo precariato, troppo lavoro nero. È incredibile che ci sia ancora il caporalato e peraltro in regioni insospettabili».
C'è anche il tema del fine vita, in Italia se ne discute da tempo, non c'è ancora una legge. Qual è la posizione della Chiesa in questo dibattito?
«La posizione della Chiesa è che la vita va difesa.
Ma deve esserci anche la difesa contro il dolore. Qualcuno pensa che la Chiesa voglia la sofferenza, ma non è così. La Chiesa difende e incentiva le cure palliative, che possono e che devono essere garantite per togliere il dolore. Ma sempre nel rispetto della vita».
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