"Il governo ancora troppo ondivago. Ripartiamo e controlliamo i confini"

Il virologo del San Raffaele non condivide i limiti sui trasporti ma rileva una carica virale ancora forte sui pazienti extra Ue

"Il governo ancora troppo ondivago. Ripartiamo e controlliamo i confini"

Il Comitato tecnico scientifico sta per rivedere le regole del trasporto pubblico e scoppia la polemica per le modalità, i tempi e per la natura della decisione, più politica che scientifica. Ne abbiamo parlato con Massimo Clementi, professore ordinario di Virologia all'università Vita-Salute del San Raffaele, e firmatario del documento in cui si sostiene che il virus sia clinicamente morto.

Cosa pensa di questa retromarcia e della stretta sulle regole del trasporto pubblico?

«È la testimonianza di un atteggiamento ondivago e incerto. La decisione sulla riapertura dei treni dipende dal decreto del Consiglio dei ministri ma in questo caso le modalità non sono state chiare».

È un atto di precauzione a fronte di un peggioramento dei numeri sui contagi?

«È solo una decisione che fa il paio con tutto il resto, deciso in parte dalla politica, in parte da un Cts, politico anch'esso, iper prudente. I numeri? Io vedo che le terapie intensive sono vuote, quelle sub intensive anche, così come i reparti».

Quindi non ha senso nemmeno la proroga dell'emergenza?

«No e infatti siamo gli unici ad averla fatta. Abbiamo il numero di infetti più basso d'Europa eppure siamo quelli che stanno applicando le misure più rigide. I colleghi mi chiamano dall'estero per capire se per caso c'è qualche dato che teniamo nascosto, altrimenti non si spiegano decisioni del genere».

Quindi secondo lei cosa dovremmo fare in questa fase?

«Continuiamo con le mascherine. Non ho mai detto che vanno levate, non sono negazionista ma realista. Riprendiamo a viaggiare e a vivere. La vera arma di questo momento è la gestione dei focolai, che mi sembra funzioni piuttosto bene. Vanno individuai e tracciati velocemente. E poi vanno controllate le persone che arrivano dall'estero».

C'è il rischio del contagio d'importazione»?

«In laboratorio ci siamo resi conto che in alcuni paesi extra europei, dove il virus ha circolato senza particolari misure di contenimento, la carica virale dell'infezione è ancora alta, paragonabile a quella con cui abbiamo convissuto noi a marzo e aprile. Mi riferisco alla Romania o a paesi come il Bangladesh, che ha rischiato di importare un grosso focolaio a Roma».

Ma la carica virale dei focolai interni è più bassa?

«Si, molto più bassa. Per questo sono più domabili. Ci sono molti asintomatici ma questo è un bene. Vuol dire che la carica virale del Covid è così bassa che non si manifesta con dei sintomi».

Arriveremo mai a un'immunità di gregge?

«Impossibile. Solo il 2-3% della popolazione ha sviluppato gli anticorpi. Dovremmo invece arrivare all'80-85%».

Cosa pensa

della posizione, ben più pessimista della sua, del collega Massimo Galli?

«Un virus che ha circolato così tanto, ovviamente non se ne va dall'oggi al domani. Ma basta strategie del terrore e toni allarmistici in tv».

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