Dal governo i soliti annunci Ma resta un buco di 7 miliardi

Altro che manovra da 27 miliardi: per tenere fede alle promesse il duo Renzi-Padoan deve trovare una somma più ingente. E dall'Europa non arriveranno altre concessioni

Dal governo i soliti annunci Ma resta un buco di 7 miliardi

Nell'antica Roma, il grande poeta satirico Giovenale fu il primo a parlare di panem et circences per sintetizzare la demagogia operante sia ai tempi della Repubblica che dopo: nel periodo imperiale. Le élite di allora erano solite procedere a grandi elargizioni di frumento, prelevate dalle più lontane provincie dell'impero, e garantire alla plebe grandiosi spettacoli pubblici: dai combattimenti tra gladiatori alle corse dei carri trainati dai cavalli. Il Colosseo e Circo Massimo. Una tradizione che si è rinnovata, a distanza di secoli, grazie a quel piccolo genio di Renato Nicolini, assessore alla cultura del Comune di Roma. In un contesto segnato dal terrorismo e dalla stagflation , quale furono gli anni '70, l'estate romana aveva il compito di distrarre. Ricreare seppure, per alcune ore della notte, il senso di una comunità che stava scomparendo, come in una bella canzone di Lucio Dalla.

Oggi Matteo Renzi, con la sua proposta di politica economica per il prossimo anno, ci riprova. Con una differenza tuttavia: quel panem difficilmente potrà essere distribuito, visti i quadri della finanza pubblica. Mentre per quanto riguarda i giochi, basti vedere quel che è successo poche ore prima il ferale annuncio. La chiusura in faccia a migliaia di turisti del Colosseo non è altro che la dimostrazione dell'insensibilità di quello «zoccolo duro» (copyright di Achille Occhetto) che rappresenta gran parte della base elettorale del Pd. Quindi: attenti alle promesse. Più che buone intenzioni siamo solo di fronte ad uno stato confusionale, dove ogni dato di realtà si stempera nella più vieta propaganda.

Atteggiamenti da gufi? Basta ricordare il succedersi degli eventi. Nei giorni passati Matteo Renzi aveva parlato di un bonus europeo di 17 miliardi. A tanto doveva ammontare la presunta benevolenza della Commissione europea. Sconcertati avevamo chiesto lumi. Costretto lo stesso Pier Carlo Padoan a riferire in Parlamento. Solo l'imbarazzo del silenzio. Nel frattempo Pierre Moscovici, autorevole membro del partito socialista francese, nonché Commissario europeo per gli affari economici e monetari, correva a Roma per salvare il salvabile. Sarà pure un caso, ma dopo quell'incontro, quei 17 miliardi venivano ridotti a 13. Il Mef si vedeva costretto a smentire le precedenti valutazioni, come se Matteo Renzi non avesse mai parlato. Ma non per questo la giostra finiva. Lapidario il commento del responsabile europeo delle politiche di bilancio: esamineremo le proposte che saranno formulate e la Commissione deciderà. Altro che endorsement alle tesi del nostro governo.

Fin qui la cronaca. Ma la verità è che sono le prospettive reali a preoccupare. Iniziamo dall'ottimismo con cui sono state condite le cifre della possibile crescita per il 2016. Nella Nota di aggiornamento del Def si parla di un 1,6 per cento. Non è un granché, ma meglio di niente. L'incremento previsto, rispetto alle precedenti esercitazioni, è dello 0,2 per cento. Un dato in controtendenza rispetto a quanto indicato dall'Ocse, che prevede una leggera flessione. Chi ha ragione? Per rispondere ad una domanda basta guardare oltre i confini nazionali. La Fed, la banca centrale americana, ha rinviato una decisione - l'aumento dei tassi di interesse - ch'era attesa da tempo. I mercati hanno reagito negativamente. Sembrerebbe un paradosso. Se il costo del denaro non aumenta a Wall Street e dintorni, si sarebbe dovuto brindare. Ed invece facce da funerale.

La spiegazione è semplice. La Fed ha reso evidente le crescenti difficoltà dell'economia mondiale. La Cina sempre meno decifrabile. La deflazione che riduce il tasso di crescita dell'economia complessiva. Paesi produttori di materie prime sull'orlo del default. Monete avvolte nel ciclone della svalutazione. Fino a qualche giorno fa queste tesi erano evocate solo da qualche accademico. Oggi abbiamo una doppia certificazione ufficiale: da parte della Bce che ha rivisto a ribasso le stime di crescita per l'intera Eurozona. Quindi il bis della Fed. Queste ipotesi sono state considerate dagli estensori della Nota di aggiornamento? Sembrerebbe di no.

La consolazione è che, comunque, le esportazioni italiane vanno bene. Come al solito il bicchiere non è visto per quello che è realmente. Se tutto fosse così liscio, nel primo semestre dell'anno il contributo dell'estero (esportazioni - importazioni) sarebbe stato positivo, ai fini della crescita del Pil. Si è, invece, verificato il contrario. Il contributo negativo è stato pari a 0,2 punti, compensato da un relativo aumento, sempre di 0,2 punti, della domanda interna. Il risultato è stato un encefalogramma piatto, rivitalizzato solo dall'aumento delle scorte per 0,4 punti. Sennonché le merci che sono state accumulate nei magazzini dovranno essere vendute. A chi? Pur ammettendo un limitato aumento dei consumi interni - tutto da dimostrare, se si escludono i consumi energetici a causa del caldo eccezionale e le automobili, se la domanda estera subisce una frenata - quelle attese andranno deluse. Conclusione? Prudenza, altro che improbabili miracoli.

Se questo è il quadro veritiero dell'economia reale, contrazioni ancora superiori si registrano sul fronte finanziario. Abbiamo cercato di riassumere in una tabella l'elenco della spesa. Vale a dire gli impegni ineludibili, più volti annunciati dal duo Renzi-Padoan. Risultati sconfortanti. Altro che manovra da 27 miliardi. Dal conto ne mancano un bel po': dai 5 ai 7 miliardi. Dove saranno reperite le necessarie risorse, visto che almeno una parte delle ipotesi sottese ad una manovra più contenuta è senza coperture? Si scopre così che quando Renzi aveva parlato di un bonus Europa di 17 miliardi, aveva un quadro realistico degli impegni da rispettare. Il taglio improvviso, dopo l'incontro con Moscovici, dimostra quanto corta sia la coperta per l'anno che ci aspetta.

Lungi da noi l'intenzione di infierire, ma vi sono altri elementi che accrescono le preoccupazioni. Finora l'aumento di spesa corrente - oltre 12 miliardi secondo le indicazioni contenute nel bilancio di assestamento per l'anno in corso - è stato coperto facendo ricorso ad un aumento di imposte, per poco più di 3 miliardi, all'ipotetico risparmio per la spesa d'interessi per circa 7 miliardi, ed alla svendita dei gioielli di famiglia (privatizzazioni) per la parte rimanente. Nessuna di queste forme di copertura può essere accettata, se si ha in mente una corretta politica finanziaria. L'aumento di imposte risulta in aperta contraddizione con l'ipotesi di un loro taglio (casa, agricoltura e via dicendo). Utilizzare l'ipotetico risparmio della spesa per interessi per alimentare quella corrente è stato duramente contestato: sia dalla Bce che dal Fmi. Quanto alla vendita dei beni al sole, un'antica tradizione legislativa ha sempre postulato l'esigenza di portare quei ricavi a riduzione del debito pubblico.

Dati questi presupposti è facile prevedere che la discussione in sede europea sarà un bagno di sangue. Qualche concessione si potrà avere, ma essa non potrà riguardare l'andamento del deficit strutturale, che aumenterà se le intenzioni di ridurre il carico fiscale sulle abitazioni non sarà riposto in cantina. Salvo naturalmente procedere con un taglio della spesa pubblica ben più consistente dei propositi annunciati. Come aumenterà il rapporto debito/Pil, che il governo si è impegnato più volte a contenere, a partire proprio dal 2016. Del resto se il deficit previsto salirà dall'1,8 al 2,2 per cento in che modo il debito può essere contenuto, anche ipotizzando una crescita reale dell'1,6 per cento? La contraddizione è evidente. La caduta dei prezzi - cosa buona per i consumatori - comporta l'effetto collaterale di non far crescere, come dovuto, il Pil nominale. Di conseguenza il rapporto debito/Pil tende ad aumentare per la caduta del denominatore.

I dati disponibili danno la stura alle nostre preoccupazioni? A luglio ed agosto, per fortuna il debito è leggermente calato di un pugno di miliardi. Grandi manifestazioni di giubilo. Sennonché, su base annua, l'aumento è stato ben più consistente. Si arriverà pertanto a dicembre e la sua ulteriore lievitazione sarà consistente. Se non altro perché, sempre nel bilancio di assestamento, si prevede un tiraggio della cassa per oltre 23 miliardi. In parte dovuta alla maggiore spesa corrente ed in parte alla liquidazione di debiti pregressi. Che sia quindi il lettore a tirare le somme di tutto il nostro ragionamento. I cui fondamenti trovano adeguato riscontro in dati incontrovertibili.

Matteo Renzi, ancora una volta, si difenderà vestendoci delle penne del gufo. Dimenticando così, che nell'immaginario popolare, quell'animale rappresenta la saggezza. Ad esso si rivolgono gli altri abitanti della foresta per chiedere consiglio e scrutare il futuro.

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