Il governo mette la fiducia sulla legge elettorale. E in Aula scoppia la bagarre

Il governo pone la fiducia sull'Italicum. L'opposizione insorge. I deputati Sel lanciano crisantemi: "Funerale della democrazia". Voto finale forse la prossima settimana

I commessi della Camera raccolgono i crisantemi lanciati dai deputati Sel
I commessi della Camera raccolgono i crisantemi lanciati dai deputati Sel

Come ampiamente annunciato il governo ha posto la questione di fiducia sulla legge elettorale. Nel momento stesso in cui il ministro delle Riforme, Maria Elena Boschi, fa l'annuncio a Montecitorio, in aula si scatena la bagarre con proteste e urla da parte delle opposizioni. A fatica la presidente della Camera Laura Boldrini riporta la calma per far terminare la formula di rito al ministro.

La maggioranza dunque tira dritto sull’Italicum. "Ci prendiamo le nostre responsabilità senza paura", scrive Matteo Renzi su Twitter. E poi insiste a muso duro: "La Camera ha il diritto di mandarmi a casa, se vuole: la fiducia serve a questo. Finché sto qui, provo a cambiare l’Italia". E chiude il messaggio con il solito hashtag-tormentone: #lavoltabuona. Poi intervistato dal Tg1 afferma: "Non c’è cosa più democratica di mettere la fiducia: se passa, il governo va avanti altrimenti
va a casa. Cosa c’è di più democratico di chi rischia per le proprie idee. È tempo del coraggio non di rimanere attaccati alla poltrona".

A votare la fiducia, riferiscono fonti parlamentari del Pd, dovrebbe essere anche la minoranza del partito, tranne alcuni esponenti. Questa sera, intanto, si dovrebbe riunire Area riformista per cercare una linea univoca: sì alla fiducia, ma "libertà di coscienza" sul voto finale. Un modo come un altro per tentare di "salvare capra e cavoli". A votare no alla fiducia, nel Pd, dovrebbero essere, per esempio, Alfredo D’Attorre, Pippo Civati, che già l'ha annunciato su Twitter, e Stefano Fassina.

"Oggi si celebra il funerale della democrazia", è la dura critica di Sel, con i suoi deputati che lanciano crisantemi in Aula. La Boldrini fatica a riportare l'ordine. "Non consentiremo che quest’Aula diventi un bivacco di manipoli renziani, non consentiremo il fascismo renziano", tuona Renato Brunetta, anche se i fittiani lo criticano per aver chiesto il voto segreto sulle pregiudiziali. "Fascisti, miserabili", urlano i pentastellati. "La corda non si può tirare troppo", grida Ignazio La Russa (Fdi). "Basta forzature indegne", dicono dalla Lega.

"Matteo Renzi come Mussolini - scrive su Facebook Manlio Di Stefano (M5S) -. Solo due volte era accaduto la prima con Mussolini con la Legge Acerbo e poi la cosiddetta Legge Truffa del ’53. L’articolo 72 della Costituzione esclude questa possibilità! Il presidente Mattarella intervenga adesso o taccia per sempre perché non sarà più necessario il suo intervento sotto una dittatura conclamata. Il limite è stato superato, il fascismo si instaurò in Italia esattamente allo stesso modo".

Roberto Calderoli (Lega), rincara la dose: "Finché era convinto di avere un’ampia maggioranza in Parlamento Renzi proclamava la necessità di una condivisione il più ampia possibile sulle riforme; ora che le sue favole non incantano più nessuno e teme di andare sotto, ricatta i parlamentari con la minaccia del voto anticipato e va avanti a colpi di fiducia per far loro votare qualsiasi schifezza. Chissà che qualcuno non dia ascolto alla propria coscienza, e pur sapendo di rischiare la poltrona - conclude - non tiri un brutto scherzo al novello re-Sole fiorentino".

Malumori e mal di pancia anche in casa Pd. "Considero un errore gravissimo - dice Roberto Speranza - porre la fiducia sulla legge elettorale.Senza ostruzionismo e dopo un voto rassicurante sulle pregiudiziali. Ne ho votate tantissime in questi anni e ne continuerò a votare nei prossimi mesi. Ma questa volta no". E spiega che domani non parteciperà al voto di fiducia.

Enrico Letta fa sapere che non voterà la fiducia. L'ex presidente del Consiglio lo ha detto mentre si trovava a Firenze per visitare in ospedale il poliziotto ferito il giorno del giuramento del suo governo, esattamente due anni fa. Stessa scelta, per il no alla fiducia, da parte di Pier Luigi Bersani: "La penso come Roberto Speranza. Ho votato diciassette volte alla Camera la fiducia al governo, più di una volta al mese. Sono pronto a votare per altre diciassette volte su atti di governo che riguardino il governo", ma, osserva l'ex segretario Pd dalla sua pagina Fb, "sulla democrazia un governo non mette la fiducia. Si sta creando così un precedente davvero serio, di cui andrebbe valutata la portata". E allora, annuncia, "questa fiducia io non la voterò".

"Abbiamo posto la fiducia su un testo approvato dal Senato" che ha accolto il contributo "anche di quella parte di opposizione che ora ha deciso di non votarla. Dal passaggio da senato a camera è cambiato qualcosa, c’è l’atteggiamento irresponsabile di chi, per ragioni strumentali, ha cambiato idea". Lo spiega al Tg3 Matteo Orfini, presidente dell’assemblea Pd.

"La decisione della fiducia sulla legge elettorale - commenta il segretario della Lega Matteo Salvini - è il segno che Renzi ha una paura folle. Non è audacia la sua ma il ruggito del coniglio, di uno che si accorge che sta perdendo consensi. I conti con lui li facciamo democraticamente il 31 maggio nelle urne elettorali".

Intanto dalla conferenza dei capigruppo di Montecitorio trapela che il voto finale sull’Italicum dovrebbe slittare alla prossima settimana. Sono tre le fiducie poste dal governo sull’Italicum: una sull’articolo 1, che sarà votata domani pomeriggio, le altre due sugli articolo 2 e 4, che saranno invece votate nella giornata di giovedì.

Tuttavia, spiegano al termine della conferenza dei capigruppo di Montecitorio, poiché il termine per la presentazione degli emendamenti scadrà solo giovedì mattina alle 11, al momento non è possibile stabilire la data esatta del voto finale sulla riforma elettorale, che avverrà per scrutinio segreto ma senza che il governo possa porre la fiducia sull’intero testo per il via libera definitivo.

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