"Grazie alla Corte europea basta allo strapotere dei pm"

Il sottosegretario alla Giustizia plaude allo stop sulle intercettazioni: "E Cartabia riformerà la prescrizione"

"Grazie alla Corte europea basta allo strapotere dei pm"

«La Costituzione si è presa la rivincita». Francesco Paolo Sisto, deputato di Forza Italia e sottosegretario alla Giustizia, non nasconde la soddisfazione per la decisione della Corte di giustizia europea sulle intercettazioni. È la sentenza che accogliendo il ricorso di un cittadino estone ha messo nuovi e cruciali limiti alle incursioni delle Procure nei dati privati dei cittadini. I tabulati telefonici, le chat, tutto quanto dentro un telefono o nelle memorie delle compagnie telefoniche racconta la vita privata potrà essere consegnato alla giustizia solo su richiesta di un giudice e solo per reati gravi. Il contrario di quanto accade in Italia.

Cosa ci manda a dire la Corte di giustizia?

«Che le esigenze del processo non sono sempre prevalenti. Che esiste un diritto alla vita privata, alla riservatezza, alla libertà di espressione che conta quanto e talvolta più delle esigenze investigative, a meno che non ci si trovi davanti a reati di particolare gravità o a pericoli per la sicurezza pubblica. Questo è il mantra. Togliendo al pubblico ministero la possibilità di acquisire liberamente i tabulati e le chat, la sentenza riporta la necessità della presenza di un giudice imparziale nella fase più cruenta delle indagini preliminari, in linea con i principi espressi dalla nostra Corte Costituzionale».

In concreto cosa cambia?

«La sentenza della Corte di giustizia non ha efficacia immediata. Ma è solo questione di tempo: perché non c'è alcun dubbio che l'Italia abbia ora il dovere di adeguarsi alle indicazioni della Corte. Questo può accadere in due modi. Può essere la Corte Costituzionale, investita dalla questione, a dichiarare illegittime le norme italiane che contrastano con la sentenza, a partire da quelle che lasciano al pubblico ministero la facoltà di accedere a elementi cruciali delle comunicazioni dei cittadini. Ma la strada maestra è l'intervento legislativo. La norma va cambiata dal Parlamento. C'è commissione voluta dalla ministra Marta Cartabia , che entro aprile concluderà i suoi lavori sul sistema penale, che sono convinto valuterà prontamente le indicazioni venute dalla Corte di giustizia».

Non teme l'insurrezione del partito delle procure? Ogni volta che si propongono limiti al sistema delle intercettazioni, Davigo dice che così si aiutano i criminali.

«Questo nuovo governo ha portato un tale innalzamento dei livelli delle competenze che non sarà facile condizionarne le scelte, da qualsiasi parte. Il legislatore farà il suo dovere indipendentemente da eventuali veti non parlamentari che ci possano essere. Se questa indicazione fosse giunta in tema di agricoltura sarebbe stata recepita senza tentennamenti. Lo stesso deve accadere anche se riguarda la giustizia».

Ma la giustizia, in questa vasta maggioranza, è un tema più diviso dell'agricoltura.

«Dentro il governo ci sono sensibilità diverse, questo è chiaro. Io penso che il dialogo vada benissimo e che il confronto sia indispensabile. Però in democrazia poi arriva il momento in cui si deve decidere. In medicina c'è un tempo per la diagnosi, per i consulti, le anamnesi: poi viene il tempo della terapia. È inevitabile, salvo a pregiudicare la stessa consistenza della democrazia. Come preannunciato dal presidente Draghi e dalla stessa Ministra per la nuova norma sulla prescrizione».

Sicuro?

«Vede, veniamo da una precedente esperienza governativa che ha visto la riflessione giuridica trascurata, a mezzo di interventi spot, finalizzati solo al consenso elettorale del giorno dopo. L'intervento programmatico della ministra Cartabia in Parlamento dice chiaramente che quella stagione ormai è alle spalle».

Però per mettere mano alla prescrizione il ministro dovrà poi cercare i numeri in aula. Li troverà?

«Dipenderà dalle

soluzioni che sapremo trovare. Un cambiamento è indispensabile e sarà inevitabilmente un miglioramento, perché l'attuale riforma travolge il principio della ragionevole durata del processo, articolo 111 della Costituzione»

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