La Storia è tornata con tutta la sua potenza e violenza, come hanno certificato le guerre in Ucraina e in Terra Santa. Nuove sfide, che impongono un cambio radicale non solo nelle forze armate ma anche nella popolazione.
Non a caso, il Capo di stato maggiore dell'esercito, Carmine Masiello, ha detto, in occasione delle celebrazioni per il 163esimo anniversario di fondazione della Forza armata, che «viviamo un'epoca di profondi e repentini cambiamenti. La realtà dei fatti ci impone di preparare i nostri soldati, equipaggiarli, impiegarli e salvaguardarli al meglio delle nostre potenzialità. La presenza contemporanea di conflitti simmetrici e di confronti ibridi, nonché gli scenari davanti a noi che possono peggiorare, prefigurano un futuro ed un presente carichi di sfide minacciose che richiamano la responsabilità a rivedere il nostro approccio». Come a dire: non sappiamo ciò che ci riserveranno i prossimi mesi o i prossimi anni. Quello che sappiamo è che, qualsiasi cosa accadrà, dovremo farci trovare pronti. Anche perché, ha proseguito il generale Masiello, «con i tempi sono cambiate le minacce e le esigenze». Non esiste più, infatti, solo la guerra convenzionale, ma esistono «nuove frontiere di confronto, quali lo spazio, il cyber, la disinformazione, come abbiamo visto in particolare nel conflitto tra Russia e Ucraina. L'esercito, nella dottrina dell'attuale capo di Stato maggiore, deve aggiornarsi sfruttando appieno tre cardini: l'addestramento continuo, l'aggiornamento tecnologico e la difesa del sistema valoriale. Il primo fattore è fondamentale per farsi trovare pronti di fronte a qualsiasi scenario. Il secondo per rispondere alle nuove sfide e a guerre sempre più ibride. Il terzo per riuscire ad arrivare con il cuore là dove tecnologia e armi non arrivano. «Dobbiamo continuare a guardare con affetto ai nostri soldati - ha detto il capo di Sme - prendendoci cura di loro e delle loro famiglie, preparandoli ai momenti peggiori. I valori sono l'essenza del nostro dovere, da offrire senza pregiudizi, differenze e compromessi, sempre in nome e per l'affermazione dei beni fondamentali della pace, giustizia e libertà».
Sulla stessa lunghezza d'onda anche il ministro della Difesa, Guido Crosetto, che, dopo aver apprezzato il discorso del generale affermando che avrebbe voluto pronunciarlo lui, si è rivolto ai soldati dicendo: «Nei prossimi anni dovrete essere anche quello per cui siamo nati: il presidio e la difesa dell'Italia. Ne sarete all'altezza perché indossando la divisa uno sa che diventa lo Stato, la Repubblica». Ma non solo. Il ministro, analizzando con spietata lucidità la realtà, ha affermato: «Dobbiamo essere chiari e dire che questo tipo di Forze armate - e per il servizio che si prospetterà nei prossimi anni - probabilmente non potrà più permettersi un'età media di 49 anni o 47 per i sottufficiali. Fare il soldato, al quale viene chiesto di essere impegnato 24 ore su 24 per 365 giorni all'anno e di essere disposto ad andare da una parte all'altra del mondo mettendo a rischio la propria vita, è diverso da un altro lavoro pubblico o privato. E questa specificità va riconosciuta».
Accanto a quella delle forze armate, ha sottolineato Crosetto, è necessario accettare anche la sfida che riguarda l'industria della Difesa.I tempi sono cambiati perché gli scenari sono cambiati. E i militari devono essere pronti a ogni eventualità. Perché la macchina della Storia è già in moto. E non accenna a volersi fermare.
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