Finita l'assemblea costituente del M5s, è iniziata la guerra legale. L'indiscrezione arriva in serata, anticipata dalla versione online del Corriere della Sera. Beppe Grillo ha chiesto formalmente al M5s la ripetizione delle votazioni. Una facoltà che, da Statuto, rientra appieno nelle sue prerogative. Il Garante ha quindi chiesto che si voti di nuovo. Un nuovo giro di boa tra gli iscritti. Dai due mandati alla possibilità che venga modificato il simbolo con il solo avallo di Conte, fino - e soprattutto - al quesito sull'eliminazione della figura del Garante, ovvero lo stesso Grillo. Con il fondatore che è pronto a fare un appello al non voto. All'astensione. Per far sì che non venga raggiunto il quorum, almeno per quanto riguarda il suo ruolo. Il ragionamento degli ortodossi grillini è che, se i sì alla cancellazione di Grillo sono stati meno di 35 mila, allora i contiani dovranno trovare altri 10 mila voti per arrivare ai fatidici 45 mila che rappresentano la maggioranza degli attuali aventi diritto al voto. Dopo la notizia, arriva la risposta di Conte. Grillo «è passato dalla democrazia diretta al qui comando io», scrive il leader del M5s, che intravede un altro «tentativo di sabotaggio». E poi annuncia, parlando di «clausola feudale» invocata dal Garante per ripetere le votazioni: «Il ruolo dell'azzeccagarbugli lo lascio quindi a Grillo. Noi preferiamo ancora e sempre la democrazia, la partecipazione, la vostra libertà di scelta. Per questo, dateci qualche giorno, e torneremo a votare sulla rete i quesiti sullo Statuto impugnati da Grillo».
Ma la contesa potrebbe coinvolgere, in futuro, anche il simbolo. Sul punto interviene Enrico Maria Nadasi, commercialista di Grillo. «Valuteremo», dice Nadasi, sull'ipotesi del ricorso. Poi lascia intendere che Grillo, però, non ha nessuna intenzione di procedere con una scissione. «Il simbolo lo metteremo in un museo», chiosa. Per Lorenzo Borrè, storico avvocato degli espulsi, invece Grillo potrebbe impugnare lo Statuto del 2022, quello in cui è prevista la figura del presidente, la cui approvazione secondo il legale sarebbe inficiata da «vizi di approvazione». Così Grillo eliminerebbe la figura del presidente, dopo che Conte, domenica, ha eliminato quella del Garante. Ma l'Elevato, in realtà, propenderebbe più per una guerra sul simbolo, in modo da costringere Conte «a farsi il suo partito». Concetto ribadito dall'ex ministro delle Infrastrutture e Trasporti, Danilo Toninelli. «Il proprietario del simbolo è Beppe Grillo, e intenterà un'azione legale. Impugnerà tutto quanto, verrà sospeso tutto quanto e di conseguenza Conte sarà costretto a fare il suo partito, la costolina del Partito Democratico, per soddisfare l'appetito di una decina di soggetti. Potrà seppellire in maniera dignitosa una storia gloriosa che invece è stata infangata da un infame umano», dice Toninelli. E ancora, lo storico volto grillino: «Cari movimentisti che oggi state soffrendo nel vostro animo per l'eliminazione del garante e per l'eliminazione del simbolo dei due mandati. Non disiscrivetevi dal M5S per rabbia. Ci sarà una nuova votazione che necessiterà del quorum e non è detto che venga raggiunto».
Anche l'ex deputato Marco Bella, tra i contestatori di sabato alla kermesse pentastellata, è convinto e lo scrive sui social: «Il quorum non è stato raggiunto». Poi continua con l'hashtag: «Beppe ripeti il voto». Grillo, alla scissione, per il momento preferisce l'ostruzionismo e la ripetizione dei voti.
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