La guerra "spinge" i leader occidentali

Da Macron a Biden, da Johnson a Scholz, premiato chi è al comando

La guerra "spinge" i leader occidentali

Emmanuel Macron si avvicina passo dopo passo alla rielezione in Francia, Boris Johnson è riuscito a far dimenticare l'inchiesta di Scotland Yard, Olaf Scholz viene finalmente riconosciuto in Germania come «uomo di Stato» e Joe Biden si gode la rimonta nei sondaggi, dopo che la sua popolarità aveva toccato i minimi storici. Uniti per fermare la guerra in Ucraina, da settimane al centro della diplomazia internazionale fra telefonate, videocall e visite frenetiche con i capi di Stato e di governo coinvolti nella crisi, i quattro leader occidentali di Francia, Germania, Gran Bretagna e Regno Unito non sono ancora riusciti a fermare il conflitto mosso da Vladimir Putin, ma stanno raccogliendo, per il momento, i frutti del loro attivismo sulla scena internazionale, aiutati da un'agenda politica monopolizzata dal conflitto.

Chi arriverà all'incasso prima degli altri è Emmanuel Macron, a caccia di conferma alle presidenziali del 10 aprile (primo turno) in Francia e - anche grazie all'Ucraina - più vicino al traguardo. La sua campagna elettorale assomiglia sempre di più a quella che confermò François Mitterand all'Eliseo nel 1988. Il fondatore della Republique en Marche ha strappato nei sondaggi del primo turno il più ampio margine di distacco dalla probabile sfidante, la leader dell'estrema destra Marine Le Pen. Tra i due ci sarebbe ormai uno scarto di almeno 12 punti percentuali. Macron viaggia tra il 30% e il 33% e Le Pen tra il 15% e il 18%. Non accadeva da oltre trent'anni, dalla rielezione del leader socialista. Per gli esperti, si tratta di numeri che portano dritti alla rielezione. In cravatta oppure in felpa stile Zelensky, il presidente francese ha eclissato gli avversari in queste ultime settimane di vigilia elettorale, senza indossare mai i panni del candidato ma vestendo sempre quelli di capo di Stato o presidente di turno del Consiglio europeo, impegnato a risolvere la peggiore crisi internazionale degli ultimi 70 anni. Favorito dalle tendenze filo-putiniane di almeno tre rivali: non solo Marire Le Pen, ma anche Eric Zemmour e il leader dell'estrema sinistra Jean-Luc Mélenchon. Nelle prime due settimane di guerra, il capo dell'Eliseo ha guadagnato oltre 8 punti percentuali. E si parla già di «effet Malouines», effetto Falkland, la spinta di cui godette Margaret Thatcher dopo la guerra all'Argentina nell'82, che portò alla sua rimonta nei sondaggi e alla rielezione due anni dopo. Chiamato anche «effet drapeau», effetto bandiera, per indicare la spinta dei cittadini a unirsi attorno al «padre della nazione» e «chef de guerre», il fenomeno sta toccando pure gli altri leader occidentali in prima fila nella crisi. Lo sa bene Biden, che ha iniziato come Cassandra della guerra, alla quale molti non credevano, ma che adesso la sta cavalcando, rispondendo alle bombe con le sanzioni e allontanandosi dai minimi storici dei sondaggi di gennaio e febbraio. La sua popolarità è cresciuta da 5 a 7 punti, fino a un picco del 47% nel tasso di approvazione.

Missili russi, consensi in patria. In Gran Bretagna mancano due anni alle elezioni ma il premier Johnson, prima della guerra, rischiava un voto di sfiducia a causa degli scandali sulle norme anti-Covid e adesso è riuscito invece a mettere sotto il tappeto qualsiasi argomento scottante che esuli dalla guerra. Mostrandosi fermo, sempre in prima linea sulle sanzioni e la fornitura di armi a Kiev. E dopo le polemiche sui pochi profughi accolti, persino capace di scatenare fra gli inglesi la corsa a ospitare un ucraino per 350 sterline al mese, tanto che alla chiamata hanno già risposto oltre 100mila britannici.

E il cancelliere Scholz? Dopo la modesta partenza iniziale alla Cancelleria, opinione pubblica e media lo hanno rivalutato. Die Welt parla di «trasformazione», uno dei più noti giornalisti «di palazzo», Robin Alexander, è convinto che con il precipitare del conflitto sia finalmente diventato «un uomo di Stato».

Il suo tasso di approvazione è cresciuto di oltre 5 punti e dopo il sorpasso della Cdu, i Socialdemocratici hanno riconquistato la loro posizione di vantaggio (25% contro il 24,5 dei cristiano-democratici). La paura è che i guai possano tornare quando agli elettori toccherà pagare il prezzo delle sanzioni e della guerra economica alla Russia.

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