Dopo 233 di guerra, a distanza di quattro mesi dall'ultimo attacco più significativo mosso dalla Striscia di Gaza contro Israele, Hamas torna a colpire lo Stato ebraico tramite il suo braccio armato, le Brigate Al Qassam, provocando il minimo dei danni ma riproponendo il massimo della sfida. Almeno otto razzi sono stati lanciati verso il centro di Israele, nell'area di Tel Aviv, intorno alle 14 da Rafah, la città del sud della Striscia al centro della discussa offensiva israeliana e dell'ordine di interromperla espresso dalla Corte internazionale di giustizia. Cinque razzi sono caduti in aree disabitate e tre intercettati dal sistema antimissile israeliano Iron Dome. Non ci sono vittime ma due donne sono rimaste lievemente ferite nella fuga verso i rifugi e una terza colpita dalle schegge di un razzo a Herzliya.
Anche stavolta, come nel caso dell'attacco dall'Iran del 13 aprile, l'azione va valutata per la sua portata simbolica più che per le sue reali conseguenze. E il significato è chiaro: Hamas dimostra di poter colpire ancora, nonostante otto mesi di guerra, e ha deciso di farlo dalla città divenuta il simbolo dello scontro internazionale su Gaza e proprio alla vigilia della ripartenza dei colloqui per il rilascio degli ostaggi, previsti per domani al Cairo, ma che rischiano un nuovo flop. Hamas sostiene di non aver ricevuto alcuna nuova proposta e insiste su condizioni considerate da sempre inaccettabili da Israele: «sospensione permanente e completa» delle operazioni militari «in tutta la Striscia di Gaza».
«Il lancio di razzi da Rafah dimostra che l'Idf deve operare ovunque sia presente Hamas», ha commentato a caldo il ministro del Gabinetto di guerra israeliano Benny Gantz, dopo l'ennesima nottata di raid e combattimenti a Gaza, da nord a sud, Rafah inclusa. Il leader del partito centrista Unità nazionale, il più quotato successore al primo ministro Benjamin Netanyahu secondo i sondaggi, ha presentato nelle scorse ore una proposta per istituire una commissione statale d'inchiesta sul massacro del 7 ottobre e la guerra a Gaza. Se l'iniziativa passasse, l'organismo indagherebbe sul processo decisionale politico, militare e di intelligence prima, durante e dopo le atrocità, compreso il rispetto del diritto internazionale da parte di Israele, per il quale sia Netanyahu che lo Stato ebraico sono sul banco degli imputati alla Corte penale internazionale (Cpi) e alla Corte internazionale di giustizia (Cig).
A Gaza, intanto, si cerca di alleviare le sofferenze della popolazione civile e dal valico di Kerem Shalom, nel sud della Striscia, poco lontano da Rafah, sono passati ieri circa 200 camion di aiuti umanitari, tra cui quattro di carburante, proprio mentre Stati Uniti, Egitto e Israele discutono dell'apertura dei valichi e della loro futura gestione.
Hamas ritiene che ci siano ancora «insufficienti» ma sono stati provvidenziali dopo che quattro navi americane si sono incagliate sulla spiaggia vicino al molo galleggiante, costruito proprio per dare aiuto alla popolazione, nei giorni scorsi a causa del mare agitato.
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