Pubblichiamo l'ultima intervista a Silvio Berlusconi concessa al direttore Augusto Minzolini sul Giornale il 4 giugno 2023
Presidente, per la prima volta parla al Giornale dopo la malattia che l'ha costretta in ospedale per un mese e mezzo. Cosa ha pensato in quei giorni? Ci sono stati momenti in cui ha avuto paura? Cosa le ha insegnato un'esperienza così drammatica?
«Paura sinceramente no. Nessuna sfida mi ha mai fatto paura. Ho sofferto molto, questo sì, ma ho sempre avuto fiducia nell'aiuto di Dio, nelle capacità del personale medico e sanitario che mi ha assistito ed anche nella tenuta del mio corpo. Come in altri casi in passato, ho sentito intorno a me l'affetto di tante persone, ho ricevuto gli auguri di molti amici e anche di avversari politici, ai quali sono particolarmente grato. Ho avvertito l'abbraccio forte dei militanti azzurri e la simpatia di tanti italiani, anche sconosciuti. Ma questa volta c'è stata una cosa in più: la dedizione assoluta, la dolcezza e l'attenzione continua con la quale mia moglie Marta mi è stata vicina in ogni momento. Lei, i miei figli, mio fratello, mi hanno fatto sentire ogni giorno la bellezza dell'amore che è in grado di dare una famiglia. In questo mi considero un uomo davvero fortunato».
Questa vicenda ha suscitato una grande ondata di solidarietà nell'opinione pubblica italiana. La voglia di tornare in campo subito, di impegnarsi, malgrado molti l'abbiano pregata di non affaticarsi troppo, nasce anche dal profondo sentimento che la lega al Paese?
«L'Italia è il Paese che amo. Sono le prime parole del videomessaggio con il quale nel 1994 ho annunciato la mia discesa in campo. A convincermi a farlo furono ben altre parole pronunciate da mia madre la notte precedente, dopo aver discusso a lungo in famiglia il da farsi. Io sono contraria al tuo ingresso in politica, perché te ne faranno di tutti i colori mi disse mia madre e quanto aveva ragione! , ma se senti dentro di te il dovere di farlo, allora non saresti il figlio che tuo padre ed io abbiamo creduto di educare, se non trovassi anche il coraggio e la forza di farlo. Questa responsabilità e questo senso del dovere verso il Paese che mi ha dato tanto, e che i miei genitori mi hanno insegnato, sono ben presenti dentro di me ogni giorno della mia vita. Naturalmente seguo le indicazioni dei miei medici, che talora sono anche fin troppo prudenti. Ma non ho mai smesso di lavorare, neppure dalla terapia intensiva, in costante contatto con i miei collaboratori, i dirigenti e parlamentari di Forza Italia. C'erano da preparare le elezioni amministrative, e devo dire - alla luce dei risultati - che sono molto soddisfatto del lavoro svolto».
Il centrodestra ha stravinto. I dati economici sono superiori a quelli di Paesi come la Germania e la Francia. Siamo tornati ai livelli occupazionali di quindici anni fa. Si può essere contenti di questi primi nove mesi di governo?
«Naturalmente è stato solo l'inizio, ma certo - alle condizioni date - non si poteva fare di più. Il percorso è quello giusto, sul piano della riduzione della pressione fiscale (penso alla consistente riduzione del cuneo), dell'aumento delle pensioni più basse, della riforma della giustizia, delle infrastrutture, ad iniziare dalle grandi opere come il Ponte sullo Stretto. Tutte cose che in campagna elettorale avevo indicato come indispensabili e che ora il governo Meloni sta realizzando. Naturalmente ci vorrà tutta la legislatura, e noi siamo attivamente impegnati ad appoggiare e a sostenere con lealtà e spirito costruttivo l'esecutivo per realizzare questi impegni».
L'opposizione, a cominciare dal Pd, sta attraversando una fase di disorientamento. E la conseguenza di questa condizione è che polemizza su tutto. Dalla Rai al ruolo della Corte dei Conti sul Pnrr. Da quelle parti c'è chi è tornato a parlare di svolta autoritaria. Stiamo assistendo ad un tuffo nel passato, o no?
«Quando la sinistra non ha altri argomenti, si rifugia in queste polemiche sterili oltre che strumentali. Non me ne preoccuperei più di tanto, visto che gli italiani hanno dimostrato di non prenderle sul serio, ed hanno di nuovo premiato la nostra coalizione alle ultime elezioni comunali. Forza Italia ha ottenuto il sindaco in città importanti come Brindisi ed Ancona, quest'ultima uno degli ultimi fortini delle ex Regioni rosse a non essere mai stato espugnato fino ad oggi. Però tutto questo ha una conseguenza grave: nonostante le sconfitte, la sinistra continua ad avvelenare il dibattito politico, a rendere impossibile un confronto leale fra maggioranza e opposizione. Quando si prova a delegittimare in questo modo l'avversario politico, facendone un nemico da distruggere con ogni mezzo, e prima di tutto con la calunnia, è la stessa qualità della democrazia a pagarne le conseguenze. È quello che del resto ho dovuto subire io per decenni, e che speravo di non rivedere mai più».
Un atteggiamento, quello dell'opposizione e del Pd, che non aiuta l'Italia. Non pensa che su temi come le riforme istituzionali, l'attuazione del Pnrr come pure sullo sforzo che bisogna compiere per aiutare la Romagna dopo l'alluvione di qualche settimana fa ci sarebbe bisogno di più collaborazione tra maggioranza e opposizione? Sono sfide in cui è in ballo l'interesse nazionale e non di parte...
«Già nella scorsa legislatura fui il primo a chiedere, di fronte all'emergenza Covid, che tutte le forze migliori della Nazione, non solo della politica, ma dell'economia, della cultura, dell'università, della scienza si stringessero intorno alle istituzioni. Credo che questo valga ancora oggi, pur senza confusione fra gli schieramenti. L'Italia ha bisogno di un grande sforzo collettivo al quale tutti sono chiamati, ciascuno nel proprio ruolo, a collaborare. Noi del centrodestra abbiamo la responsabilità più grande, perché ce l'hanno affidata gli elettori, ma anche l'opposizione in una democrazia ha una funzione essenziale. Noi quando eravamo all'opposizione non abbiamo mai fatto mancare un contributo propositivo e costruttivo, votando o sostenendo le cose che ritenevamo buone ed utili per l'Italia, pur nella netta distinzione dei ruoli. Se la sinistra avesse senso dello Stato, farebbe altrettanto. Ma purtroppo, conoscendo gli avversari, non mi faccio illusioni».
Presidente, lei è stato il primo a porre la necessità di trovare un orizzonte di pace per l'Ucraina. Bisogna appoggiare Kiev senza tentennamenti, ma nel contempo lavorare per la Pace, per evitare che il conflitto si allarghi. Quello che sta succedendo in Kosovo è un segnale d'allarme. Pure il Papa si è mosso. Bisogna appoggiare lo sforzo della Santa Sede?
«Il Santo Padre agisce spinto da una prospettiva superiore, che non è certamente politica. Ma senza dubbio ogni cristiano, ed ogni persona ragionevole, non può non essere angosciato dagli orrori che vediamo da oltre un anno in Ucraina e dall'assenza di prospettive per una soluzione pacifica per un conflitto pericoloso non solo per i Paesi interessati, ma per il mondo intero. Noi, lo ribadisco per l'ennesima volta, siamo parte integrante dell'Occidente, dell'Europa e della NATO e né da Forza Italia né dal governo italiano verranno mai indicazioni in contraddizione con questi impegni. Tuttavia porsi il problema di una soluzione, che ovviamente garantisca i diritti del popolo ucraino, è un atto di responsabilità».
Appena chiuse le urne delle ultime elezioni amministrative, lei ha subito rivolto il pensiero alle europee. È in ballo un obiettivo ambizioso: riproporre a livello europeo la stessa maggioranza che governa l'Italia, un'alleanza tra popolari e conservatori. Pensa che sia un traguardo a portata di mano? Le piacerebbe che partiti alleati come la Lega o Fratelli d'Italia entrassero nella grande famiglia del Ppe?
«Sì, credo che sia possibile. Una maggioranza di centrodestra in Europa sarebbe una svolta importante e darebbe nuovo impulso al funzionamento delle istituzioni europee, superando ogni residua forma di scetticismo verso la casa comunitaria. La maggioranza fra popolari, liberali e socialisti, che ha retto le istituzioni europee per molti anni, ha fatto il suo tempo. Aveva un senso quando l'Europa era soprattutto un accordo fra gli Stati, e rappresentare nelle istituzioni europee tutte le grandi famiglie politiche dell'epoca ne garantiva una certa neutralità. Ma man mano che l'Europa ha acquisito una soggettività politica autonoma, processo che io considero necessario e fondamentale, è diventato sempre più importante che la sua guida assuma una connotazione politica chiara. Tenere insieme forze che hanno visioni ed obbiettivi diversi porta solo alla paralisi o a soluzioni pasticciate. In Europa, come nei singoli Stati, occorre una chiara assunzione di responsabilità politiche. Le alternative sono due, il centrodestra e la sinistra, lasciando fuori naturalmente su entrambi i fronti le frange estremiste inaffidabili ed irresponsabili. I cittadini europei hanno il diritto di scegliere. Io credo che noi popolari, con i liberali e i conservatori, rappresentiamo la maggioranza degli europei, una maggioranza con un'idea ben chiara dell'identità d'Europa, delle sue radici liberali e giudaico-cristiane, del suo ruolo attivo nel mondo. Ovviamente considero indispensabile che i nostri alleati italiani siano di questa partita. Se dentro o fuori dal PPE lo devono decidere prima di tutto loro».
Lei, Presidente, ha in mente un forte rinnovamento di Forza Italia. Una grande apertura del partito ai giovani accompagnata da una riorganizzazione della sua struttura. Un modo per rilanciare il partito in un momento in cui la sua presenza è cruciale sia per la coalizione che per il governo. E soprattutto per renderlo più competitivo in vista delle elezioni europee che potrebbero dare impulso alla nascita di un Partito Repubblicano che raccolga tutto il centrodestra. Quali sono le linee di questo rinnovamento e quali i tempi?
«Forza Italia nel 1994 è nata non solo per impedire ai post-comunisti di prendere il potere e andare al governo, ma anche per rinnovare profondamente la politica che come avevano dimostrato Mani Pulite e Tangentopoli era stata oggetto di un forte discredito nell'opinione pubblica. Abbiamo voluto portare in politica energie fresche, provenienti dall'impresa, dal lavoro, dalla cultura. Non politici di professione, ma persone che avessero dimostrato nella vita di essere coerenti, competenti, capaci di realizzare gli impegni presi, persone che amassero veramente l'Italia e avvertissero la necessità di portare un loro contributo. Naturalmente questo dev'essere un processo continuo, per non cadere nello stesso errore degli altri, dei soliti professionisti della politica. Per questo continuiamo a rinnovarci, lo abbiamo sempre fatto pur senza rottamazioni di cui non abbiamo bisogno e che non sono nel nostro stile. Abbiamo valorizzato molto i giovani - nel nostro movimento giovanile sta crescendo molto bene l'Italia del domani. Senza dimenticare che anche le donne azzurre ed i seniores per noi sono vitali ed essenziali. Stiamo rinnovando la mappa della nostra presenza sul territorio, con l'obbiettivo di avere in ognuno degli 8.000 Comuni italiani almeno un portabandiera di Forza Italia. Abbiamo dirigenti nazionali parlamentari, uomini e donne di governo di prim'ordine.
Non abbiamo una scadenza in questo processo di cambiamento perché lo ripeto per noi il rinnovamento è continuo, ma contiamo di arrivare alle elezioni europee con una squadra forte e con liste molto competitive. Me ne sono occupato anche dal San Raffaele e continuo ad occuparmene ogni giorno. Perché credo in questo Paese, credo nella libertà, e credo che un'Italia libera abbia sempre più bisogno di noi».
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