L'alternativa era tra lanciare l'allarme rendendo più complesso l'attacco terroristico o mantenere un basso profilo evitando di regalare nuovi consensi al Front National di Marine Le Pen. Alla fine le ragioni della politica hanno vinto su quelle della sicurezza. Ma ora la sinistra del presidente François Hollande deve fare i conti con le vite di dodici innocenti. Dodici innocenti abbandonati al proprio destino nonostante il livello d'allerta fosse ai massimi livelli sin da Natale. Nonostante, come ha ammesso ieri Hollande, altri attentati fossero stati sventati.
Le sottovalutazioni e i ridimensionamenti del pericolo iniziano fin dallo scorso 20 dicembre quando un immigrato, ammiratore dello Stato Islamico, tenta di uccidere a coltellate due agenti di un commissariato della Loira al grido di «Allah Akbar». Il giorno dopo un quarantenne alla guida di un'utilitaria investe tredici passanti nel centro di Digione. Subito dopo invoca pure lui «Allah Akbar» e spiega di averlo fatto «per i bambini palestinesi». Autorità e magistrati negano, però, qualsiasi matrice terroristica e riducono tutto al gesto di uno squilibrato. Stesso copione a Nantes dove lunedì 22 un altro «squilibrato» a bordo di un un furgone si lancia contro un mercatino di Natale e si uccide a coltellate. Ma le autorità minimizzano ancora. E il presidente François Hollande riduce tutto a una casuale «concomitanza». Eppure i gesti dei tre presunti «squilibrati», due dei quali usciti dalla galassia islamista, sembrano la materializzazione del proclama lanciato il 22 settembre dal portavoce dello Stato Islamico Mohammed Al Adnani. «Se potete uccidere un infedele americano o europeo - in particolare un malefico e sporco francese, un australiano o un canadese potete contare su Allah e ucciderlo in qualsiasi modo(...) colpendolo alla testa con una pietra, ammazzandolo con un coltello, schiacciandolo con la vostra auto, facendolo cadere, strangolandolo o avvelenandolo». Il mal riuscito accoltellamento dei due flic nella Loira e il tentativo di arrotare i passanti «infedeli» seguono, tra l'altro, gli assassini a ottobre di due militari in Canada e il sanguinoso attacco a una cioccolateria di Melbourne. Ma sotto la coltre dell'apparente casualità, come le autorità francesi sanno bene, si muove ben altro. Prima di tutto le attività dei 1300 jihadisti francesi, la più consistente fra le brigate europee, che operano in Siria tra le fila dell'Isis e di altre formazioni alqaidiste. Nessuno ai vertici dell'intelligence di Parigi sa con esattezza se i singoli membri di quella brigata terrorista siano ancora in Siria o siano invece rientrati sul territorio nazionale. Come è successo lo scorso maggio quando Mehdi Nemmouchi, un franco algerino tornato in Europa dopo aver combattuto per mesi con l'Isis, è sfuggito alla caccia dei servizi segreti mettendo a segno un attentato al Museo ebraico di Bruxelles costato la vita a quattro persone. Eppure nonostante i precedenti e l'oggettivo allarme, Hollande e le autorità francesi preferiscono minimizzare i fatti e narcotizzare l'opinione pubblica. Il tutto al solo scopo di non portar acqua al mulino di un Front National in continua, allarmante crescita. Solo il premier Manuel Valls ammette, alla vigilia di Natale, che la Francia «non ha mai affrontato un rischio simile sul fronte terrorismo» e aumenta il numero dei militari schierati nelle città. Ma tra gli obbiettivi sensibili non rientra evidentemente lo scomodo Charlie Hebdo tacciato di islamofobia e poco amato dalla sinistra gauche caviar tanto cara a Hollande.
Come ricordava ieri Antonio Fischietti - uno dei pochi redattori sopravvissuti alla strage - l'auto della polizia destinata alla sorveglianza del settimanale da tempo non passava più. E quella con a bordo due poliziotti, immediatamente individuati ed eliminati dai terroristi, è arrivata solo a massacro compiuto.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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