Non giochiamo più. Nella settimana, che secondo molti sarà quella decisiva per l'elezione del prossimo presidente della Repubblica, nel M5s cresce il pressing affinché Giuseppe Conte dica una parola chiara, pubblica e definitiva per sbarrare la strada del Colle a Mario Draghi. Ai parlamentari spaventati dall'instabilità non bastano i giri di parole sul «governo che deve andare avanti». Non sono considerate sufficienti le prese di posizione tiepide, come le frasi filtrate dall'ultima assemblea congiunta: «Draghi è idoneo, ma ora è premier in una fase complessa». La truppa continua a non fidarsi delle mosse del leader, nonostante le rassicurazioni sul no al voto anticipato e le professioni di fede sul prosieguo della legislatura. Quel che serve - riflettono deputati e senatori - è un no limpido all'ipotesi che l'attuale premier diventi il nuovo capo dello Stato. La richiesta è un grimaldello per mettere l'avvocato spalle al muro e fugare ogni dubbio sulle trattative sotterranee per Draghi e sulla tentazione contiana delle elezioni politiche nel 2022. A dispetto della nota, diffusa dopo l'assemblea di giovedì, in cui si dava un «mandato pieno» al presidente del M5s per condurre le danze sul Quirinale, proprio nelle ultime ora si sta intensificando la pressione per una dichiarazione «in chiaro», utile a stoppare le trame per portare l'ex Bce alla presidenza della Repubblica. Dato che i numeri interni non sorridono a Conte, gli eletti vogliono incidere e si sentono in grado di condizionare la partita. Altrimenti «non teniamo i gruppi», è il refrain che arriva dal mondo pentastellato. Il che significa franchi tiratori pronti a impallinare la leadership dell'ex premier nel segreto dell'urna quirinalizia. «Faccia una dichiarazione chiara e pubblica per dire che Draghi deve rimanere a Palazzo Chigi», è l'input che rimbomba tra Montecitorio e Palazzo Madama. Infatti nei gruppi è ancora concreto il timore che un trasloco del premier sul Colle possa spianare la strada al voto anticipato. Vorrebbe dire fine della legislatura e speranze di rielezione e di ricandidatura ridotte al lumicino per gran parte dei 233 parlamentari grillini. Da qui l'insistenza per una linea chiara, sul modello di Matteo Salvini, che sabato ha detto: «Draghi è impegnato per affrontare l'emergenza sanitaria ed economica: ipotizzare per lui un altro ruolo è una mancanza di rispetto al premier e al Paese».
Conte temporeggia, aspetta che altrove scocchi una scintilla che smuova le cose, prende tempo. Anche perché deve fare i conti con la volontà di un Enrico Letta che ancora continua a puntare su una convergenza ampia su una personalità «super partes» che risponde all'identikit di Draghi. E però il segretario del Pd si trova a fronteggiare, un po' come Conte, il malcontento di un'ampia fetta di partito sull'ipotesi di un passaggio del presidente del Consiglio al Quirinale. Lo stesso Goffredo Bettini, amico e consigliere di Conte, durante la Direzione Pd di sabato si è espresso contro l'elezione di Draghi come nuovo capo dello Stato: «Penso che il governo debba continuare fino alla fine della legislatura. La cosa più naturale è che questo governo continui con il suo presidente del consiglio».
Segnali che potrebbero scalfire la timidezza di Conte. Intanto quaranta parlamentari ex M5s hanno scelto, fra una rosa di 13 nomi, il loro candidato per il Quirinale. Sarà Paolo Maddalena, vicepresidente emerito della Corte costituzionale.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.