Come i Beatles e Andy Warhol ha rivoluzionato la moda (pop)

Non un semplice creativo, ma un artista. Cardin riscrisse i codici della comunicazione di massa

Come i Beatles e Andy Warhol ha rivoluzionato la moda (pop)

Spesso ci si domanda quando la moda diventa arte, aldilà dell'apertura delle porte dei musei per una disciplina capace certo di unire l'abilità artigianale, i cromatismi pittorici e le forme scultoree che lavorano sul corpo, non lontana dalla performance. Oggi che la moda è oggetto di studi, di mostre, di analisi sociale è ancor più importante distinguere i creativi dagli artisti. I primi intuiscono le necessità del loro tempo e le restituiscono consapevoli di lavorare sulla volatilità effimera, gli altri inventano linguaggi, rischiano attraversano le epoche e la storia al punto da concepire un abito - che in genere scompare dal guardaroba - per aspirare appunto all'immortalità dell'arte.

Pierre Cardin, morto ieri a 98 anni, alla fine degli anni '50 ha inventato il pret-à-porter sottraendo alla moda quel divario tra le diverse classi sociali e culturali. Mentre a Parigi nasceva la Nouvelle Vague, tra l'Inghilterra e New York si diffondeva la Pop Art, analoga necessità di superare elitarismo e accademia. Moda, arte, musica diventano così fenomeni sociali che le giovani generazioni seguono anche e soprattutto per segnare un'appartenenza e uno stile. Una filosofia che si sintetizza nel completo che i Beatles hanno indossato negli anni del loro successo, abito scuro e camicia con il colletto alla coreana che non prevedeva l'uso della cravatta, accessorio superato per un gruppo pop. Qualcosa di più che un abito di scena, vera e propria «uniforme» di un'epoca. Non è sbagliato affermare che Cardin sta alla moda come i Beatles alla musica e Andy Warhol alla pittura, rivoluzionari all'interno di codici linguistici determinati e facilmente identificabili nella comunicazione di massa.

Ovunque nella sua moda si trovano riferimenti all'arte, ispirazioni futuriste - quando il futuro era parola d'ordine - geometrie, optical e appunto tanta Pop. Per buona parte della sua lunga carriera Cardin ha guardato all'arte per capire la moda, fino a considerarsi egli stesso artista. Nel 2018 la sede parigina di Sotheby's ha proposto le sculture dello stilista italiano - naturalizzato francese - realizzate negli anni '70 come oggetti di design in edizione limitata, stilisticamente prossime al minimalismo. Il Palais Bulles, che prende il nome dal suo abito più famoso, il Bubble Dress disegnato nel 1954, progettato dall'architetto ungherese Antti Lovag e inaugurato in Costa Azzurra nel 1989, si presenta come una casa-museo d'artista, assimilabile a quella di Salvador Dalì, è considerato un monumento all'eccentricità, a svelare una seconda anima di Cardin, più giocosa e surreale di quanto si intravede nel mestiere di stilista.

Altra geniale intuizione, estendere la moda ad accessori e merchandising.

La griffe Cardin diventa logo su un paio di occhiali o un portafoglio, su profumo e prodotti di bellezza, consapevole che il fashion non si limita all'abito ma invade ogni centimetro di pelle disponibile sul nostro corpo. Anche questa è stata un'innovazione che ha sovvertito le regole del gioco e aperto alla visione contemporanea della moda.

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