Lavori fermi, ma cresce la paura di attacchi anarco-insurrezionalisti. E Tap chiude gli uffici salentini.
La pioggia degli ultimi giorni ha annacquato le polemiche, ma la tensione resta alta a Melendugno. Anche ieri operai a riposo, forze dell'ordine invisibili e manifestanti comunque a presidio dell'area riservata al transito del gasdotto che, nelle intenzioni della società svizzera, dovrebbe consentire l'accesso al mercato europeo delle riserve di gas naturale del Mar Caspio. Barriere di pietra in alcuni casi alte fino a due metri sono state erette per bloccare il transito di camion, operai e poliziotti mandati ad eseguire l'espianto temporaneo dei 211 ulivi radicati lungo il tracciato del metanodotto. Dopo un paio di settimane di tira e molla, 180 piante sono state già trasferite al centro di stoccaggio di Masseria del Capitano, eppure il completamento delle operazioni pare lontano, rallentato dalle manifestazioni di piazza e dalla sollevazione dei sindaci del territorio.
Ma dietro il colpo di freno vi sarebbe anche un'ulteriore, diversa preoccupazione: pesare bene effetto e conseguenze dell'arrivo in zona da tutta Italia ed anche dall'estero di decine di No Tav, molti con consolidata esperienza di guerriglia maturata in Val di Susa. Una presenza inquietante, almeno per la multinazionale svizzera, tanto che dal quartier generale di Baar è subito partito l'ordine di sospendere le attività degli uffici di Lecce - e del punto informativo attivo proprio a Melendugno a tutela dei dipendenti: per ragioni di sicurezza, funzionari e tecnici continueranno a lavorare nei saloni dell'albergo che li ospita. Timori analoghi filtrano dalle informative della Digos di Lecce, non a caso trasmesse all'Antiterrorismo. In particolare, tra gli ultimi arrivati sarebbero una quindicina le persone note all'intelligence, gravate da misure di prevenzione o denunce per reati riconducibili agli scontri violenti scoppiati in passato attorno al cantiere valsusino di Chiomonte. Figure di riferimento della galassia antagonista e del mondo anarchico, il cui viaggio in Puglia è considerato allarmante ancor più alla luce d'un volantino (siglato e distribuito a fine marzo da un gruppo sedicente «Nemici di Tap») che invitava «all'intervento diretto, a tutela del territorio, della nostra salute, delle nostre vite e della nostra dignità», contro «un'opera inutile e nociva, ennesimo progetto di devastazione calato a forza sulle nostre teste», da bloccare se necessario anche col ricorso al sabotaggio. Invito che sarebbe già stato raccolto, si ipotizza in ambienti investigativi, con il lancio della bomba carta (nella notte tra venerdì e sabato scorsi) contro l'hotel trasformato in dimora degli agenti mandati ad infoltire gli organici della Questura. Un gesto dimostrativo che potrebbe essere seguito a breve dal tentativo di infiltrazione tra i manifestanti, per cambiare volto e finalità di una protesta sin qui dura ma pacifica.
Intanto, sul versante politico, Sinistra italiana ha chiesto alla Procura leccese l'apertura di un'inchiesta sulle presunte attenzioni dei clan all'opera, sulla base di quanto pubblicato nei giorni scorsi da L'Espresso.
Ma Tap ha già annunciato querela nei confronti del settimanale, bollando come «arbitrario, infondato ed inaccettabile l'accostamento della società e del progetto del gasdotto transadriatico alla mafia».Non c'è pace tra gli ulivi.
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