I corpi (interi) dei fuggiaschi: Pompei regala l'ultimo tesoro

Padrone e schiavo cercavano riparo dai vapori bollenti dell'eruzione del Vesuvio. Le figure sono intatte

I corpi (interi) dei fuggiaschi: Pompei regala l'ultimo tesoro

Chi erano non lo sapremo mai. Sappiamo però cosa stavano facendo: fuggivano. Attorno a loro una nuvola di gas e vapori bollenti. L'orizzonte grigio. E nelle orecchie i boati «cattivi» del Vesuvio, a ribadire la forza del Dio della natura contro la debolezza dell'uomo; gara senza storia, capace di livellare le vite come solo la morte sa fare. Li hanno trovati così, con i corpi intatti. Nell'atto disperato di sottrarsi a un destino di fuoco che ormai non poteva - e non voleva - più risparmiarli. Sarebbe stato ingiusto salvare qualcuno, perché la distruzione non può guardare in faccia a nessuno. Pompei, in quel lontano 24 ottobre del 79 d.C., «doveva» essere incenerita e così fu: dei 16mila abitanti non si salvò nessuno.

La scoperta dei due pompeiani comunicata ieri dai responsabili del sito archeologico tra i più grandi, affascinanti (e trascurati) del mondo è stata definita «straordinaria» dal ministro dei Beni culturali, Dario Franceschini: ma «straordinario» è solo uno di quegli aggettivi che i politici buttano lì quando hanno qualcosa da farsi perdonare; e Franceschini, sul fronte-Pompei, di cose da farsi perdonare ne ha parecchie, ma qui il discorso sarebbe lungo e ci porterebbe fuori tema. Meglio allora limitarsi alla cronaca. Il ritrovamento è avvenuto durante l'attività di scavo in località Civita Giuliana, nell'area della grande villa suburbana dove già nel 2017 vennero alla luce i resti di tre cavalli «elegantemente bardati». E tracce di un «mantello nobiliare» sono state rinvenute anche sul corpo pietrificato del «padrone» della villa, vanamente aiutato dal suo servo nell'estremo sforzo di sottrarsi alla furia incandescente del vulcano.

I calchi ottenuti grazie alla tecnica ideata nell'Ottocento da Giuseppe Fiorelli, sono di una «vivezza» impressionante. Ogni parte del fisico è ben delineata e i volti restituiscono addirittura i tratti somatici. Sono i «monumenti» di un uomo di mezza età (il padrone) e di un giovane (il servo) che, grazie alle tecniche calcografiche, possono dirci moltissimo sotto il profilo di varie branche scientifiche e non solo sul piano strettamente archeologico. Il volto del padrone è riverso a terra, a un livello più basso del corpo del suo schiavo: il gesso delinea con precisione il mento, le labbra, il naso, le ossa del cranio; le braccia sono ripiegate con le mani sul petto, mentre le gambe sono divaricate e con le ginocchia piegate.

L'altro calco immortala una posa diversa, meno sincopata: più «serena» si potrebbe dire. Come se il più giovane (e povero) tra i due avesse compreso, prima dell'anziano (e ricco) padrone, che ormai non c'era più nulla da fare. Come se il servo avesse capito, prima del padrone, che per entrambi non ci sarebbe stata alternativa all'inferno del vulcano.

Una morte per choc termico, come dimostrano anche gli arti contratti.

Unica consolazione: probabilmente sono morti senza soffrire. Storditi dalla valanga di gas che li ha travolti. E dalla quale sono riemersi ieri. Con una strana espressione sul viso, fra terrore e incredulità.

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