New York - Il travel ban non è un muslim ban: la Corte Suprema dà ragione a Donald Trump e consegna al presidente americano una vittoria clamorosa su uno dei provvedimenti simbolo (e tra i più controversi) della sua amministrazione, quello che restringe l'ingresso negli Stati Uniti da alcuni paesi a maggioranza islamica. Un successo ancora più importante visto che arriva in un momento di particolare tensione per la tolleranza zero del tycoon in materia di immigrazione.
Il massimo organo giudiziario Usa con 5 voti a 4 ha confermato il bando, respingendo la tesi che il provvedimento discrimina i musulmani o eccede l'autorità del presidente. «La Corte Suprema conferma il travel ban. Wow», esulta Trump su Twitter. È una «vittoria enorme per il popolo americano e per la Costituzione», precisa poi in un comunicato diffuso dalla Casa Bianca, definendo quello attuale un «momento di forte rivincita, dopo mesi di commenti isterici dei media e dei politici democratici». La decisione mette infatti fine ad una lunga battaglia legale cominciata nei primissimi giorni dell'era Trump. Dopo solo una settimana dal suo ingresso al 1.600 di Pennsylvania Avenue il Commander in Chief ha deciso di sbarrare le porte dell'America ai cittadini provenienti da alcuni Paesi a maggioranza islamica. Una mossa con cui ha mantenuto fede alla promessa della linea dura su immigrazione e lotta al terrorismo, ma che ha fatto scoppiare un putiferio.
La prima versione del bando è stata immediatamente bloccata da una valanga di ricorsi che contestavano l'incostituzionalità del decreto, discriminatorio in base al credo religioso, e ha creato il caos negli aeroporti Usa, invasi dai manifestanti. L'amministrazione Usa ha poi elaborato altre due versioni del «travel ban», l'ultima delle quali limita l'accesso a diversi livelli da sette paesi: Iran, Corea del Nord, Siria, Libia, Yemen, Somalia e Venezuela. Anche il Chad faceva parte della lista nera, ma è stato rimosso nei mesi scorsi dopo aver soddisfatto i requisiti sulla sicurezza imposti da Washington. Il terzo aggiustamento del provvedimento ha permesso a Trump di ottenere una vittoria del massimo organo giudiziario Usa già nel giugno scorso, e ora è arrivato il via libera definitivo.
La decisione della Corte ha fatto infuriare i democratici: «Recuperariamo i nostri valori», afferma il senatore del New Jersey Cory Booker, mentre il collega del Delaware Chris Coons precisa che pur se il provvedimento è costituzionale «non vuol dire che sia giusto». E The Donald incassa anche un raro endorsement dal mondo di Hollywood: il regista David Lynch in un'intervista al Guardian ha detto che Trump potrebbe passare alla storia come uno dei più grandi presidenti Usa.
Reale apprezzamento o provocatoria presa in giro? In passato Lynch ha espresso ammirazione per le politiche di Ronald Reagan, ma nel 2012 ha votato Barack Obama. Nel 2016 invece ha appoggiato Bernie Sanders contro Hillary Clinton.
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