I governatori si ribellano all'algoritmo dei colori. Ma Speranza tira dritto

Da Toti ad Acquaroli: sistema da rivedere. Per il ministro decisivi i prossimi 10 giorni

I governatori si ribellano all'algoritmo dei colori. Ma Speranza tira dritto

Basta con l'algoritmo. Il «mostro», come lo chiamano poco affettuosamente ai piani alti di Palazzo Lombardia. Ci vuole più politica, un gioco delle responsabilità a viso aperto, perché non può essere una successione ai più incomprensibile di numeri a decidere il destino delle Regioni.

I governatori ce l'hanno con il sistema del semaforo e dei tre colori escogitato dal governo per gestire la nuova emergenza da virus e in ordine sparso alzano la voce, criticano e propongono modifiche a meccanismi ritenuti farraginosi e poco trasparenti.

Ma l'impressione è che il giallo, l'arancione e il rosso regoleranno ancora le nostre vite per le prossime settimane. «I prossimi 7-10 giorni saranno decisivi - spiega il ministro della Salute Alberto Speranza in un colloquio con la Stampa - e ci diranno se la divisione del Paese in tre zone, e il meccanismo sostanzialmente automatico delle restrizioni Regione per Regione, sta dando i frutti sperati». Speranza è prudente ma con un filo di ottimismo: si va verso una stabilizzazione dei casi, forse il picco è vicino. Insomma, secondo lui il semaforo funziona.

Più o meno l'opposto di quel che sostengono molti presidenti, espressione del centrodestra. «È aleatorio pensare che esista un algoritmo che dia una rappresentazione esatta della realtà - attacca Luca Zaia davanti ai microfoni di Radio 24 - Ci vuole buonsenso».

C'è la «follia delle formule e della matematica - insiste il governatore del Veneto - poi ci sono elementi che hanno diversi fattori di discrezionalità come la pressione sugli ospedali che non dipende solo dalla saturazione delle terapie intensive». Dunque, per Zaia il sistema delle fasce «dovrebbe essere modificato».

Sulla stessa linea, con parole anche più dure, il presidente del Friuli-Venezia Giulia Massimiliano Fedriga: «I governatori non si sono mai tirati indietro dalle loro responsabilità, ma la politica si deve assumere le proprie responsabilità soprattutto in una pandemia».

Fedriga approfitta dei festeggiamenti per il quarantatreesimo anno accademico dell'Università di Udine per puntare il dito contro Roma, augurandosi che «questi scivolamenti verso nuovi concetti di centralismo si allontanino».

L'algoritmo decantato nella capitale non è poi così oggettivo. Raccogliere i dati dei 21 parametri è un'operazione complessa e macchinosa, i risultati non sono una formula magica. Giovanni Toti da Genova sviluppa il ragionamento: «Se noi trasformiamo i colori in una sorta di pagella, facciamo qualcosa non solo di sgradevole, ma anche di ingiusto».

Roma, come è noto, ha messo in dubbio le cifre fornite dalla Liguria di Toti e la procura di Genova ha disposto accertamenti. «Al primo giro - replica lui piccato - per non assumersi responsabilità, si è cominciato a mettere in discussione dati numerici provenienti dalle Regioni, cosa che trovo assurda perché ci lavorano migliaia di persone, impegnate a costruire questo castello enorme di dati. Noi siamo certi di scegliere con parametri molto vecchi rispetto all'andamento dell'epidemia e la macchina sta andando a 150 all'ora. Ogni secondo che passa, cambia lo scenario fuori dal finestrino. È come stare davanti a un cruscotto con tante spie e si rischia di fare confusione fra quelle davvero importanti e quelle meno». Troppi parametri, troppi comandi che si accendono, per usare l'immagine di Toti, e un intasamento di troppi numeri che fatalmente arrivano tardi. Ci vorrebbe un semaforo più smart, ma intanto Toti deve adeguarsi alle tre tonalità. Ora la Liguria è arancione, lui non si rassegna: «Se l'indice Rt scenderà sotto lo zero, chiederemo al governo di riportarci nella zona gialla».

Mosse e contromosse. Il governatore dell'Abruzzo Marco Marsilio, preoccupato per l'evoluzione della situazione, firma di suo pugno il passaggio della Regione nella zona rossa, a partire da domani: «Meglio intervenire subito che perdere un'altra settimana».

Ma il suo «vicino» Francesco Acquaroli si mette di traverso per la retrocessione delle Marche, scivolate nella zona arancione: «Il metodo per la classificazione è schizofrenico». E ancora: «Non ho scaricato l'app Immuni. Non funziona».

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