I cinque stelle sono euforici. In via di Campo Marzio si respira aria di festa. È nella piccola sede alle spalle di Palazzo Montecitorio, a Roma, che la squadra di prescelti segue per tutta la notte lo spoglio elettorale. Tende damascate, vetrate stile impero e bodyguard da discoteca con un segno di picche sulla cravatta. Rocco Casalino arriva ad urne chiuse, è preoccupato per i dati sull'affluenza al Sud, ma sa di aver fatto un buon lavoro in questa campagna elettorale. «Rocco, qualcuno lo chiama il tuo miracolo» gli diciamo. «Non esagerare, poi il mio ego si gonfia». E si raccomanda: «non scriverlo, poi cresce anche l'invidia». Giuseppe Conte arriva dopo, a risultato quasi consolidato. Oltre il 16%. Un successo per l'avvocato che si accontentava del 10%. La sala stampa è piena di giornalisti. Alcuni, mezzi addormentati, si lamentano perché manca il buffet, a svegliarli gli applausi che hanno accolto Conte che parla in conferenza stampa e attacca. Non risparmia critiche al PD di Enrico Letta ed è pieno di se. Soddisfatto dell'ottimo risultato. Ora il Movimento è il terzo partito. Gli occhi sono puntati sulla TV. Si passa da un canale all'altro. «Ci davano per morti, invece siamo ancora qui». Dicono in coro. Lo ripetono come fosse il nuovo mantra del grillismo. E lo ripetono in TV anche i deputati Michele Gubitosa e Riccardo Ricciardi che dichiarano in contemporanea su due diversi canali. «Prima La7 e Rete4, poi tutti gli altri». Si raccomanda Casalino. «Il Pd ha la maggiore responsabilità politica della vittoria della destra. Letta deve fare un grosso mea culpa: ha voluto nell'alleanza persone che non avevano mai votato per il governo Draghi e ha chiuso a noi. Quindi paga e pagherà questa responsabilità in termini politici». Gli fa eco Gubitosa che rilancia: «Se il centrodestra ha vinto, il Pd deve farsi qualche domanda». I contiani sorridono, sghignazzano. Quasi come nel 2018 quando il Movimento ottenne il 32,68%. Ma ora è un'altra storia. C'è chi si abbraccia e chi stringe i pugni in segno di vittoria. «Il miracolo di Conte» dicono, ma forse il merito è tutto del reddito di cittadinanza. Gli occhi sono puntati sul Sud, è da Roma in giù che arriva il risultato migliore. Ed è lì che il Movimento di Conte ha ottenuto più voti. D'altronde era prevedibile. Il Movimento è risuscitato e Conte ora ha la sua piccola truppa in Parlamento. Ha il suo partito. Fatto a sua immagine e somiglianza. Pochi parlamentari, ma fidati. Controllati a vista da lui stesso che, da oggi, è un deputato. La prima volta per lui alla Camera. Al suo fianco l'ex Procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero de Raho, uno dei primi ad arrivare in sede insieme alla deputata Maria Domenica Castellone. Non può mancare nella truppa il ministro all'agricoltura Stefano Patuanelli, sportivo per l'occasione. Maglioncino bianco e scarpe da ginnastica. «Domani ho l'aereo alle 6 per Bruxelles» ci dice. Francesco Silvestri abbraccia tutti. Euforica anche Paola Taverna, per lei il posto è sicuro nello staff. Vito Crimi è rilassato, sicuro. Roberto Fico è felice. C'è chi spera e chi prega che scatti qualche seggio in più ma i posti, grazie a loro, sono pochi. Pochissimi. Ve ne siete pentiti eh...
«Beh, non solo noi» ci dice un parlamentare uscente del Movimento ansioso di salutare l'avvocato che assiste da casa agli exit poll. Sul volto di qualche militante si legge un po' di delusione. C'è chi si aspettava di più. Si, più del 17%. È vero, i miracoli esistono, ma anche i Santi in paradiso sono realisti.
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