L'ex presidente della Camera Luciano Violante, un passato da magistrato, oggi a capo della fondazione Leonardo, va subito al cuore del problema: «Nella magistratura c'è un inaccettabile conservatorismo».
La riforma Cartabia la convince?
«Stimo il ministro, è una giurista eccellente che opera nelle condizioni date. Ma le questioni di fondo riguardano la governance complessiva della istituzione giudiziaria, non gli idoli costruiti da una parte e dall'altra in trent'anni di scontri. Non vedo alcuna utilità, ad esempio, nelle pagelle dei magistrati. Sarei invece per introdurre dopo quattro anni un secondo esame per i magistrati condotto da una commissione esterna al Csm. Basta una legge ordinaria. E che per gli avanzamenti si tenga conto dell'esito dell'esame».
Perché quattro anni?
«In quattro anni si costruisce una personalità professionale; se sei stato serio per quattro anni, non farai il pirla dal quinto anno in poi. Non bisogna affrontare la questione con un approccio vendicativo, punitivo. Il Parlamento perderebbe una grande occasione se non approfittasse per ristrutturare il sistema».
Ora o nella prossima legislatura?
«Ora. Se vogliono, possono farlo. Il Parlamento deve esercitare la propria sovranità per ridisegnare l'assetto della magistratura. Capisco, può sembrare una voce nel deserto. Ma abbiamo tutti il dovere di invitare il Parlamento ad esercitare sovranità».
Sovranità anche rispetto ai referendum del 12 giugno?
«Credo nello strumento del referendum. Ma alcuni quesiti appaiono vendicativi. E per di più sono proposti da partiti che potevano fare la battaglia in Parlamento. Ritengo invece giusto il quesito sulla cosiddetta Legge Severino. Ci sono intelligenze e culture in Parlamento, persone preparate, sanno di cosa parliamo».
E le novità sulla separazione delle carriere?
«In Francia, dove il pubblico ministero dipende dall'esecutivo, è un titolo di merito aver svolto alternativamente funzioni inquirenti e giudicanti. In Germania lo stesso, almeno per i vertici. Persino in paesi in cui il pubblico ministero è vincolato alle direttive dell'esecutivo sono considerati qualificanti i passaggi. L'arricchimento professionale è fondamentale. Proibirlo è sbagliato. Forse dare subito un incarico collegiale sarebbe utile per permettere di imparare i fondamentali della professione dai colleghi più esperti e non sulla pelle dei cittadini».
Sul sorteggio dei collegi?
«Dal 1990 al 2002 c'è già stato. È un favore alle correnti più organizzate e alle grandi corti d'Appello. Se un collegio di Brescia è sorteggiato con quello di Ancona e Reggio Calabria, il candidato di uno di questi collegi come fa a farsi conoscere e votare? Solo attraverso le correnti».
Chi non vuole una vera riforma della giustizia?
«Nella magistratura c'è un inaccettabile conservatorismo, c'è la tendenza a difendere lo status quo. E si finisce con perdere il diritto ad intervenire».
Dunque, bisogna insistere. Da dove partirebbe il presidente Violante?
«Io sono perché il vicepresidente del Csm venga nominato dal capo dello Stato e non eletto».
Perché?
«Oggi lo elegge il Csm, cioè i magistrati, che ne costituiscono i due terzi. Si rende dunque necessaria una contrattazione tra i candidati e le correnti. Se devo essere eletto dai 2/3 è chiaro che parlo con chi mi deve eleggere. Sono loro che decidono. Seconda questione. Occorre un'Alta corte chi sia giudice di ricorso per le sentenze disciplinari e le decisioni amministrative, per tutte le magistrature: ordinaria, amministrativa, contabile, fiscale, militare.
Il governo rischia sulla riforma della giustizia?
«Non credo. Abbiamo una guerra feroce poco lontano da noi. Sarebbe da irresponsabili. I leader giustamente chiedono che non si ponga la fiducia sulla giustizia. È un giusto esigere il rispetto della sovranità Parlamento. Ma questa sovranità non potrebbe essere esercitata ad un livello più alto?».
Secondo lei Draghi è al capolinea. È concreta l'ipotesi che getti la spugna?
«Penso siano chiacchiere».
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