I malumori di Mosca per il flop militare. "Troppa confusione. Kiev? Non cadrà"

L'ipotesi di stop: "Ora nuove strategie". La capitale data per persa. I filo russi: "Oligarchi corrotti a governare le zone prese". L'ira contro l'Occidente: "Sono gli ucraini che non fanno evacuare le città"

I malumori di Mosca per il flop militare. "Troppa confusione. Kiev? Non cadrà"

Da una parte la rabbia per un'informazione occidentale appiattita sulle tesi ucraine, dall'altra la preoccupazione per un'«Operazione Speciale» che a un mese dall'inizio dei combattimenti appare a corto di mezzi e uomini e costretta ad una pausa per consentire l'elaborazione di nuove strategie. È l'atteggiamento contrastante diffuso tra i vertici militari russi «confusi» e «sorpresi» - secondo molte fonti - dall'inaspettata capacità di resistenza delle forze ucraine. Ma anche dall'appoggio garantito a Kiev da Europa e Stati Uniti.

«In Ucraina - spiegano alcune fonti militari - siamo ad un passo dalla catastrofe umanitaria, ma la propaganda degli ucraini e di voi occidentali non ci mettono in condizione di evitarla. In quelle città non ci sono più cibo e medicine, ma voi ci accusate di deportare le popolazioni mentre l'esercito russo cerca soltanto di evacuarle e portarle in salvo. Li portiamo in Russia perché sono di origine russa. Dobbiamo forse consegnarli agli ucraini? Noi non vogliamo bombardare le città con i civili dentro, ma gli ucraini bloccandoli li trasformano in scudi umani». La rabbia dei vertici militari russi per i cosiddetti «tentativi ucraini» di bloccare i civili diretti verso i corridoi umanitari di Karkhiv sul fronte settentrionale e di Cernigov su quello orientale ha anche una ragione strategica. Fino a quando le città non saranno svuotate i russi non potranno procedere con un'offensiva «che causerebbe migliaia e migliaia di morti» alimentando le tesi di Joe Biden e del Segretario di stato Antony Blinken pronti ad accusare la Russia di «crimini di guerra». Il problema è il tempo. Più i giorni passano più aumentano le perdite di mezzi e uomini e più diventa difficile rimpiazzarli.

La «confusione» dei generali riguarda gli effettivi impegnati nell'Operazione Speciale. I 190mila uomini mobilitati a fine febbraio non sono ancora stati impiegati al completo, ma poco ci manca. Ed è chiaro che i calcoli della vigilia peccavano d'un eccesso d'ottimismo. A cui si sono aggiunte le scarse informazioni sulle armi fornite agli ucraini e sulla capacità di impiegarle al meglio grazie alle informazioni sulle posizioni delle truppe russe fornite a Kiev dai satelliti americani e britannici. I comandi russi devono dunque capire come gestire la nuova fase. La conquista di Kiev appare ormai fuori discussione. L'assedio si protrarrà, ma difficilmente basterà a strangolare il governo Zelensky. Il destino della capitale si discuterà nei negoziati da avviare dopo la conquista dei territori a est del Dniepr e degli sbocchi al mare che vanno da Mariupol e Odessa. Ma anche qui la domanda è come e quando? In questo mese le operazioni non hanno garantito nemmeno la conquista di tutti i territori amministrativi rivendicati delle auto-dichiarate repubbliche del Donbass. Con vaste aree ancora sotto il tiro dei missili di Kiev. «Perché in Europa nessuno parla del missile caduto il 14 marzo su Donetsk? Quel missile ha ucciso 20 civili? Per voi non è un crimine di guerra?», accusano fonti militari. Ma quei missili sono anche il sintomo della lentezza con cui avanza l'«operazione speciale».

La pausa necessaria a ridisegnare la strategia russa punta a definire offensive molto più settoriali. Congelata l'avanzata su Kiev si procederebbe con la conquista di Mariupol e di tutti gli altri territori degli «oblast» di Donetsk e Lugansk. Ma il vero problema resta il controllo delle aree conquistate dove si susseguono le proteste degli abitanti. Proteste alimentate anche dagli errori nella scelta dei responsabili a cui affidare l'amministrazione politica ed economica delle cosiddette «zone liberate». Prendiamo Kherson, una città di 280mila abitanti, 130 chilometri a nord della Crimea, occupata fin dal 3 marzo. Da allora le dimostrazioni anti russe non si sono mai placate. Come mai? «La Russia si è sparata nei piedi», titola Antifascist, un website dell'opposizione ucraina in esilio in Russia, criticando la decisione di affidare «il controllo delle imprese nella regione di Kherson» a Sergei Kurchenko, un oligarca filo-russo accusato di aver «dissanguato l'economia» dell'auto-dichiarata Repubblica di Donetsk.

«L'odioso oligarca che ha distrutto l'economia delle Repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk - commenta Antifascist - sarà ora impegnato nel ripristino dell'economia della regione liberata dai nazionalisti. Il risultato non è difficile da prevedere: Kherson sarà saccheggiata e la popolazione sprofonderà nella povertà».

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