I poteri ai fedelissimi e l'asse con i "falchi". La mossa di Zelensky per giocare in difesa

Corruzione e dissidi dietro al "rimpasto". La guerra sarà ancor più "centralizzata"

I poteri ai fedelissimi e l'asse con i "falchi". La mossa di Zelensky per giocare in difesa
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La corruzione mai arginata e le sempre più accese diatribe interne acuite da una crescente indifferenza internazionale e dal logorio di una guerra in cui Kiev è transitata dall'illusione di una vittoria al timore di un'irreparabile disfatta. Son le ragioni di quello che qualcuno chiama eufemisticamente «rimpasto». In verità si tratta di un autentico ribaltone innescato da un Volodymyr Zelensky protagonista e mandante del siluramento di sei esponenti di primo piano dell'esecutivo tra cui quattro ministri con in testa il responsabile degli esteri Dmytro Kuleba. Il tutto condito con le dichiarazioni, ammantate di efficientismo, in cui il Presidente spiega di cercare «nuove energie» e di voler «rafforzare vari settori del nostro stato».

In verità bastano funzioni e ruoli dei silurati per capire che il ribaltone cela il tentativo di centralizzare ulteriormente la condotta di una guerra giocata sempre più in difesa e nella crescente indifferenza di una comunità internazionale ormai poco appassionata alle sorti dell'Ucraina. In tutto ciò la vittima più eccellente è Kuleba. Per 30 mesi è stato l'uomo chiave della diplomazia ucraina protagonista a primavera delle trattative che hanno convinto alcuni governi europei a spedire a Kiev le proprie batterie di missili anti-aerei Patriot. Ma Zelensky, attore sempre meno ascoltato sulla scena internazionale, deve scaricare su qualcun altro la perduta centralità.

E, per questo, fa fuori Kuleba rimproverandogli una scarsa incisività e l'incapacità di procurare a Kiev appoggi diplomatici più larghi di quelli garantiti da Usa ed Europa. E - come già con l'ex-Capo di stato maggiore Valery Zaluzhny relegato a Londra per avergli fatto ombra - Zelensky esilia Kuleba nell'ambasciata di Bruxelles. In tutto ciò una cosa è certa, l'erede di Kuleba sarà sicuramente più radicale e spumeggiante, ma difficilmente più efficace nel garantirsi l'appoggio internazionale e nell'avviare trattative favorevole a Kiev. Anche perché il Cremlino difficilmente tratterà prima di essersi ripreso le parti del Kursk occupata da Kiev che Zelensky spera di mettere sul tavolo negoziale.

Come Kuleba anche le altre vittime di Zelensky sono la rappresentazione dei problemi del paese. Il ministro delle industrie strategiche Oleksandr Kamyshin - celebrato come eroe nazionale per aver garantito, all'inizio della guerra, quand'era responsabile delle ferrovie, lo spostamento di truppe e cannoni - deve ora a difendersi dall'accusa di non aver sviluppato la produzione di armamenti e mezzi. Una missione impossibile nella congenita corruttela che ancora ammanta quelle industrie.

Un situazione non dissimile da quella di Volodymyr Kudrytskyi, il responsabile della produzione energetica colpevole di non aver saputo rispondere ai bombardamenti russi sulle centrali elettriche del paese. Un accusa che secondo molti esponenti parlamento di Kiev nasconde contrapposizioni politiche assai profonde.

Mentre invece il pensionamento del ministro della Giustizia Denys Malyuska responsabile dei

reclutamenti forzati va di pari passo con la mancanza di reclute da spedire al fronte. Insomma non un rimpasto, ma il tentativo di nascondere le debolezze del paese dietro il pugno di ferro del presidente e del suo clan.

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