Inizia così la causa dei Socialisti contro Massimo D'Alema. Anche il furbissimo lìder Maximo è caduto nella trappola dei suoi ex compagnucci, accusato dalla Feps, Fondazione degli studi progressisti (un think-tank indipendente vicino a S&D e Pse), di aver riscosso illegittimamente 500mila euro quando era presidente, per quattro anni di incarico.
La Feps (25 fondazioni socialiste sparse in tutta Europa, dalla Finlandia al Portogallo, di cui 4 italiane: Fondazione Socialismo, Fondazione Gramsci, Fondazione Pietro Nenni e Fondazione ItalianiEuropei, quella presieduta da D'Alema) - scrive Repubblica - ha intentato una causa nei suoi confronti per ottenere la restituzione di quel denaro. D'Alema risponde che quei compensi erano assolutamente legittimi e parametrati alle prestazioni intellettuali fornite.
La storia però è un po' bizzarra. D'Alema viene eletto presidente della Fondazione nel 2010 e fino al 2013 ricopre quella carica senza remunerazione così come avevano fatto i suoi predecessori e come sta facendo anche l'attuale successore, Maria Joao Rodrigues. Nel 2013 però D'Alema non viene rieletto in Parlamento e da quell'anno fino al 2017, anno in cui abbandona la Fondazione a causa degli attriti con Matteo Renzi, sottoscrive un contratto da 120mila euro all'anno in accordo con l'allora segretario generale della Feps, Ernst Stetter.
Un atto che D'Alema sembra non potesse fare, in primo luogo perché la Feps è registrata in Belgio come un'associazione senza scopo di lucro ma soprattutto perché quel contratto sarebbe stato firmato di nascosto dagli organismi dirigenti, dall'assemblea e dal bureau e i pagamenti non sarebbero stati effettuati con i consueti canali digitali. Un contratto fantasma, sempre tenuto nascosto a tutto il board e mai sottoposto agli organi della Feps che avrebbero dovuto approvarlo.
Quando Stetter termina il suo mandato e a lui subentra l'economista ungherese Laszlo Andor, la magagna viene a galla. In vista di un controllo del Parlamento europeo sui bilanci di tutte le Fondazioni che ricevono contributi dall'Europa, Andor avvia delle indagini scoprendo che nel 2017, anno in cui D'Alema lascia la presidenza, la Fondazione ebbe un notevole risparmio nel costo del lavoro. Dato anomalo visto che non ci furono licenziamenti. Esce così dal cassetto il contratto segreto tra D'Alema e Stetter.
La nuova dirigenza chiede, dunque, la restituzione di quei soldi all'ex presidente affinché la Fondazione abbia i bilanci in ordine da sottoporre al Parlamento europeo e possa accedere ai cospicui finanziamenti pubblici, senza i quali la Feps non potrebbe sopravvivere. D'Alema risponde infastidito. La Feps gli fa presente che ha l'obbligo di sottoporre il contratto al bureau e all'assemblea che, infatti, si riunisce il 30 marzo scorso e decide che il tribunale è l'unica strada percorribile. La votazione si conclude con 23 voti favorevoli al procedimento e 2 astenuti.
Andor, nonostante ancora speri che si arrivi ad una soluzione amichevole, rivela: «Abbiamo presentato l'azione legale venerdì 7 maggio presso il tribunale civile di Bruxelles». L'ex segretario dei Ds, difeso dallo studio legale Grimaldi, replica: «Iniziativa immotivata. Andremo in giudizio e poi sarò io a chiedere i danni. Di certo è una vicenda che davvero mi amareggia». E aggiunge: «Non è vero che dovevano passare il contratto all'esame del bureau. Non hanno nemmeno voluto ascoltare Stetter. Lui aveva proposto di pagare le mie prestazioni intellettuali.
Che ho fatto valutare da una società indipendente e valgono di più di quel che mi hanno dato. E alla Feps ho anche regalato un libro senza pagare i diritti».Evidentemente le prestazioni intellettuali di D'Alema oggi sono in netto calo.
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