I veleni postumi di Craxi sul candidato Amato. "Le menzogne dell'opportunista Amatissimo"

Le carte segrete dell'ex premier: critiche anche a Scalfaro e Napolitano

I veleni postumi di Craxi sul candidato Amato. "Le menzogne dell'opportunista Amatissimo"

Parlando di Mino Martinazzoli, lo definì «un becchino». Antonio Di Pietro veniva deriso per il modo di parlare: «Fa talmente a botte con i congiuntivi che non può neanche essere chiamato al processo di Biscardi». E di Giulio Andreotti diceva: «È una volpe. Ma prima o poi tutte le volpi finiscono in pellicceria».

È il Bettino Craxi che abbiamo imparato a conoscere, tagliente come la lama di un rasoio, acuto osservatore degli altri, avendo incrociato la sua vita politica e personale con i principali personaggi del suo tempo.

Proprio in questi giorni precedenti all'elezione del nuovo presidente della Repubblica spuntano appunti inediti dell'ex leader socialista datati 1999, conservati presso la Fondazione Craxi, in cui parla di sé in terza persona, visionati da AdnKronos, nei quali analizza vizi e virtù proprio di chi poi finì al Colle, come il socialista Sandro Pertini (al Quirinale dal 1978 al 1985), il democristiano Oscar Luigi Scalfaro ('92-'99) il comunista Giorgio Napolitano (2006-2015). E di chi negli ultimi 20 anni quasi ogni volta è stato in pole per finirci (anche questa volta), ma senza successo, ovvero il suo ex delfino Giuliano Amato, che oggi ha 83 anni.

Napolitano «non poteva non sapere» dei soldi arrivati al partito comunista dai regimi di oltre-cortina. Scalfaro che cerca in tutti i modi di nascondere un assegno elargito «da industriali per la sua campagna elettorale», che vanta pure appoggi nei servizi «che gli mettono a disposizione pure un aereo della Cai». Poi Pertini («socialista della migliore specie»), che disse subito, appena eletto capo dello Stato, che sarebbe divenuto «il presidente di tutti».

E poi Amato, che lui chiama, «Amatissimo». Craxi è un uomo malato, depresso, lontano dall'Italia che può solo vedere dall'altra parte del Mediterraneo, dalle sponde tunisine. «Amato è un genio elettronico di opportunismo. A differenza di altri della sua generazione che sono sempre rimasti più o meno al loro posto senza girovagare per i labirinti politici Amato se ne andò un bel giorno dal Psi per finire nel Psiup. Scomparso il Psiup Amato tornò con altri nel Psi», dice Craxi, descrivendo il dottor Sottile come un voltagabbana per interesse.

Sulla vicenda che travolge il Paese, e il Psi, all'inizio degli anni '90 scrive che dicendo che non ne sapeva nulla «mente spudoratamente. Viveva sulle nuvole anzi sulla luna».

Poi l'amarezza personale «perché - scrive Craxi - questi anni, e ne sono passati ben cinque da quando Craxi vive come un esiliato, il signor Amato non si è mai fatto vivo una sola volta anche quando risalivano verso l'Italia le voci inequivocabili riguardanti le precarie condizioni di salute del leader socialista.

Si faceva vivo semmai ogni qualvolta girava per l'aria la sua candidatura ad alte cariche dello Stato e sempre per interposti e semi ufficiali messaggeri per vedere di che umore Craxi era verso di lui». E anche un anno prima di morire il leader del garofano rosso tacciava Amato circa la «sua ennesima prova di opportunismo e di vigliaccheria». Una voce dall'oltretomba dispensa consigli anche alla politica di oggi.

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