Professor Nicola Rossi, l'Italia ha bisogno di una legge sul salario minimo?
«Chi ha avanzato la proposta sostiene che si tratti di una modalità per affrontare il tema dei salari bassi. Credo che sia una prospettiva errata. Il tema dei livelli salariali è, nella sostanza, il tema della produttività. Se si vuole che i nostri salari si avvicinino a quelli di altri paesi è necessario domandarsi, prima, perché la nostra produttività arranca e, poi, comportarsi di conseguenza».
Cosa pensa della proposta del centrosinistra di un salario a 9 euro l'ora?
«Penso che si tratti di una indicazione non coincidente con le indicazioni europee che, se non ricordo male, parlano del 60% della retribuzione mediana. Ma soprattutto penso che una indicazione che non tenga conto del diverso costo della vita in aree diverse del paese non farebbe altro se non acuire i problemi di cui oggi soffre il Mezzogiorno (lavoro nero e disoccupazione)».
Il centrodestra, invece, sembra voler puntare più sul taglio del cuneo fiscale. Non le sembra che questa strategia abbia dato buoni frutti?
«È una strada, a mio modo di vedere, condivisibile che non intacca - come il salario minimo prima o poi farebbe - la contrattazione collettiva. Ma è una strada di cui occorre conoscere il costo. Circa trent'anni fa si è immaginato di separare nettamente il bilancio pubblico da quello pensionistico limitando il finanziamento pubblico alla componente assistenziale. Ho l'impressione che si stia tornando indietro con tutti i problemi che questo inevitabilmente comporterà».
Il salario minimo non rischia di indebolire la contrattazione collettiva?
«In linea di principio direi di sì. Per evitare questo esito, si sta pensando, credo ad una soluzione che potrebbe finire per sommare gli svantaggi dei due sistemi irrigidendo considerevolmente il mercato del lavoro».
Il salario minimo è già in vigore in vari Paesi Ue. L'esperienza ci dice che è uno strumento valido oppure no?
«Il salario minimo è presente in quasi tutti i Paesi europei, a eccezione di Italia, Danimarca, Austria, Finlandia e Svezia. Spesso e volentieri, lì dove manca è perché la cultura della contrattazione fra imprese e sindacati è non solo radicata ma anche considerata un bene collettivo da non intaccare».
Il presidente di Confindustria ha detto che i contratti sotto i 9 euro l'ora sono in settori come il commercio, i servizi, le cooperative e le finte cooperative, mentre nel settore dei metalmeccanici c'è chi fa dumping. Lei condivide questa affermazione?
«Mi sembra che confermi quanto dicevo in precedenza. Alcuni comparti dei servizi sono quelli che hanno registrato negli ultimi tempi dinamiche della produttività particolarmente contenute».
Landini sostiene il salario minimo e dice che il lavoro povero nasce dal proliferare dei contratti pirata.
«Come dicevo, l'idea di fondo di alcuni è che il mercato del lavoro vada regolato nei minimi dettagli. È un'idea oltre che errata, illusoria. Cercando di prevenire ogni forma di comportamento non conforme non si fa altro che deviarne il corso e spingerlo a prendere forme che le regole non contemplano.
Cos'altro sono i contratti pirata se non tentativi di ricerca di flessibilità? In tutto questo solitamente quel che accade è che sono i più deboli a rimetterci. Ma il destino dei meno protetti non è sempre stato in cima alle preoccupazioni del sindacato».
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