II killer di "Diabolik" incastrato da un video "Ucciso per la droga"

Arrestato l'argentino Raul Calderon. La pista della coca da Sudamerica e Balcani

II killer di "Diabolik" incastrato da un video "Ucciso per la droga"

Roma. Dal parco degli Acquedotti alla spiaggia di Capocotta. Preso il killer di Fabrizio Piscitelli, il narcotrafficante capo ultrà degli «Irriducibili», ucciso il 7 agosto 2019 con un colpo calibro 9 da un sicario vestito da runner. Più di due anni, alla fine la Procura ha arrestato Raul Esteban Calderon, 51 anni argentino, per l'omicidio del «Diablo». Con Enrico Bennato, 53 anni, il 20 settembre 2020 a Torvaianica, Calderon partecipa all'assassinio di Selavdi Shehaj «Simone», albanese di 38 anni della «paranza» di Piscitelli. La pistola usata per i due omicidi è la stessa sequestrata a Bennato dopo una lite con la sua ex.

I due sono stati arrestati ieri al termine di indagini di carabinieri e squadra mobile coordinate dalla Dda. Un filo che lega i due omicidi solo all'apparenza lontani: la gestione di quintali di cocaina provenienti dal Venezuela e Costa Rica attraverso la rotta dei Balcani. Ovvero il traffico di droga per cui Piscitelli finisce in galera già all'età di 20 anni nell'operazione Black Beach. Un omicidio che sconvolge gli equilibri della mala capitolina, quello di Piscitelli, deciso all'indomani del summit a Grottaferrata, ai Castelli Romani, con la famiglia che controlla il settore sud est della capitale, i Casamonica. Un incontro per stabilire una pax mafiosa sul litorale romano, minato dai parenti stretti dei Casamonica, la famiglia Spada, con gli eredi della Marranella e della Magliana capeggiati dallo stesso Diabolik. Qualcosa va storto e Piscitelli prima, Selavdi dopo, vengono eliminati. Da chi? In carcere sono finiti gli esecutori, con l'aggravante del metodo mafioso, sui quali gli inquirenti non avrebbero dubbi. Le indagini sarebbero partite dalle immagini registrate da un'abitazione.

L'incedere del sicario dopo l'esecuzione in pieno giorno e altri particolari, coincidenti con le testimonianze dell'assassinio dell'albanese, restringono il campo dei sospetti. È il 20 settembre 2020: allo stabilimento Bora Bora il gestore, Selavdi, è con la moglie. Sulla litoranea si ferma uno scooter guidato da due uomini, uno scende, Bennato, si avvicina e spara alle spalle. Simone viene soccorso ma muore in ospedale. Criminale di rango la seconda vittima: già arrestata per traffico di droga, avrebbe fatto il salto, allargando gli affari sulle piazze di spaccio controllate dagli albanesi alleati con i camorristi trapiantati a Roma. Come la famiglia Senese che a Torvaianica salda vecchi conti uccidendo Giuseppe Carlino, «Pinocchietto», a sua volta killer di Gennaro Senese, il delitto «in diretta» con i finanzieri del Gico che li intercettano. Gli albanesi, secondo le informative dell'antimafia, sono i narcos emergenti.

A Casalotti, Roma Nord, da tempo sono in affari con napoletani e calabresi. Le due inchieste, coordinate dalla pm Ilaria Calò, punterebbero a stabilire un fortissimo legame con i criminali dentro la tifoseria biancoceleste, quella di Piscitelli.

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