Niente esclude che sia un atto voluto. Così la procuratrice di Parigi, Laure Beccuau, appena due ore dopo l'esplosione di un palazzo nel cuore del quartiere latino. Un grande «botto», raccontano i testimoni; una «palla di fuoco» venuta fuori dallo stabile del XVIII secolo. Gli abitanti parlano di odore di gas avvertito poco prima delle fiamme, e di corrente elettrica saltata.
Siamo nel V arrondissement, a un passo dalla Sorbona, quando alle 16,50 di ieri la palazzina che ospita la Paris American Academy, scuola bilingue di arte e design in una delle zone più chic di Parigi, esplode letteralmente. «Come dei proiettili in aria». Fumo nero. La «nuvola» nasconde le fiamme, che iniziano a divorare anche due palazzi vicini. Esplodono vetri di appartamenti, vetrine di atelier. La procura usa massima cautela: «Non abbiamo elementi sufficienti per definire la causa».
Arrivano le ambulanze, si crea il perimetro di sicurezza. A meno di un chilometro c'è il Senato. E la premier Borne prende la parola dal cortile del suo ufficio per dire che si sta facendo il possibile. Pietra per pietra, pavet per pavet, si tolgono le macerie con la speranza di non trovare nessuno senza vita. Cani, droni, mani nude. Si scava, si cerca. Almeno due i dispersi. Sùbito viene aperta un'inchiesta per lesioni colpose in violazione di un obbligo di prudenza o di sicurezza rispetto all'incendio e al crollo. Dossier provvisorio, ammettono le autorità. Si capisce via via la portata dei fatti - almeno 32 i feriti, 6 gravissimi - ma le cause scatenanti della catastrofe sono da chiarire. Si prova a evitare il precedente di Marsiglia, dove due mesi fa le fiamme da un palazzo andarono fuori controllo e servirono quasi 24 ore per spegnerle. Invece Parigi dà il meglio di sé: 270 pompieri e 70 mezzi di soccorso arrivati in dieci minuti. L'unità di crisi del Comune dice: in strada solo soccorritori e autorità. E la polizia giudiziaria incaricata delle indagini.
Il pronto intervento circoscrive le fiamme in due ore. Ma hanno già mangiato la facciata dell'Academy e danneggiato altre palazzine, compresa quella di fronte dove sono rimbalzate le «palle di fuoco», racconta Aurore, che stava lavorando: «Sono scesa in strada e ci hanno sùbito chiesto di rientrare perché non sapevano se fosse un attentato o un esplosione di altra natura». Ma le persone vogliono rientrare a casa, nei palazzi vicini. Fermate, tenute lontano. Prima la sicurezza, poi si vedrà.
Cinquanta metri di distanza, poi cento, poi duecento. Famiglie intere restano fuori dalle case. Si cerca fra le macerie. Sul posto le autorità, la sindaca Anne Hidalgo, il ministro Gérald Darmanin. Il prefetto Laurent Nuñez chiede cautela. Vicino c'è una scuola di musica, la schola cantorum; altre «vittime», ragazzi feriti o sotto choc. Emmanuel Macron in serata riserva una parola «all'angoscia per le famiglie colpite».
Gli esperti temono possa esserci un'altra esplosione. Una testimone racconta a Bfmtv che in un primo momento si è pensato a un attentato. Ma la cautela è d'obbligo, insiste Nuñez.
Responsabilità tecniche sullo sfondo: chi ha messo in sicurezza - o avrebbe dovuto - la strada e i palazzi dopo i lavori dei giorni scorsi? Un uomo che vive nello stabile di fronte mima lo scoppio, talmente forte che l'onda d'urto lo ha sbalzato all'indietro nel salotto. È corsa contro il tempo, in rue Saint-Jacques. Con le dita incrociate, alcuni residenti dormiranno in municipio, altri in strada.
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